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domenica 14 dicembre 2014

Psicologia sociale cognitiva: i meccanismi di inibizione in azione: i tentativi di soppressione degli stereotipi

Introduzione

Le prestazioni degli individui dipendono dalla selezione di appropriati sottosistemi di informazioni disponibili nell'ambiente o recuperabili dalla memoria. I processi di selezione sono stati descritti invocando l'intervento di meccanismi facilitatori. Abbiamo visto il priming semantico, ma esiste anche il priming negativo che sussiste nell'invitare il partecipante a ignorare certi stimoli e reagire ad altri. L'esperimento in cui si chiede ad un partecipante di dire a voce alta parole scritte in verde e ignorare quelle in rosso (distractor), ad esempio, suggerisce che se un parola prima in rosso (prime) poi diviene verde (target), faccia in modo che il partecipante impieghi più tempo per pronunciarla. Questo fenomeno pare sia collegato ad un fenomeno adattivo sostenuto per separare il segnale dal rumore informativo.

L'inibizione laterale come esito di una battaglia ad armi pari

Nella formazione di una impressione di un oggetto ambiguo, cioè che evoca più schemi, entrano in gioco più processi che hanno lo scopo di scremare le informazioni incoerenti. Se l'obiettivo è creare una rappresentazione coerente e dotata di senso è possibile che intervengano associazioni contraddittorie poco prima. Dunque per ottenere lo scopo il sistema cognitivo deve riuscire ad inibire i competitori informativi a livello subcosciente. Questo processo è definito inibizione laterale ed è totalmente sotto la soglia della coscienza. I fattori che rendono una categoria la prescelta possono risiedere alla salienza del contesto, alla cronicità di attivazione, alla motivazione del giudicante.

Una verifica sperimentale dei maccanismi di inibizione

Macrae, Bodenhause e Milne (1995) hanno prodotto un disegno sperimentale atto alla verifica ed il controllo dei meccanismi di inibizione. In primo luogo veniva generata una condizione di priming parafoveale in cui si chiedeva al partecipante la posizione dello stimolo. L'attivazione riguardava la categoria Donna o la categoria Cinese. Di seguito veniva presentato un video brevissimo in cui una donna cinese legge un libro. Il terzo compito è di decisione lessicale in cui al partecipante veniva chiesto se la parola è una parola legale (cioè nel vocabolario inglese) o senza senso. La composizione di 32 parole era 16 senza senso, 8 neutre, 4 legate allo stereotipo della donna, 4 legate allo stereotipo del cinese.
L'ipotesi prevedeva che l'attivazione dello stereotipo avrebbe influito sul compito. Infatti il priming accelerava la risposta in caso di parole stereotipiche attivate e rallentava la risposta per le parole della categoria inibita (grazie al video). Questo fa emergere che l'attivazione delle stereotipo non è solo un meccanismo eccitatorio, ma anche inibitorio.

L'inibizione e l'attivazione di rappresentazioni stereotipiche indotte dalla motivazione

Il motivo di autoaccrescimento (tendenza a proporre la concezione di noi stessi capace di veicolare la nostra immagine più favorevole) può attivare o inibire stereotipi. Sinclair e Kunda (1999) erano interessati a come la motivazione possa portare alla formazione di impressioni di persona. L'ipotesi è che se un partecipante fosse stato motivato a valorizzare un individuo avrebbe soppresso gli stereotipi, al contrario, le persone motivate a screditare avrebbero fatto largo uso di conoscenze stereotipiche.
La condizione sperimentale prevedeva che lo studente, lo sperimentando, sia sottoposto ad una critica positiva o negativa da parte di manager bianco oppure nero. Lo stereotipo del Nero prevede che le persone di colore siano scarsi intellettualmente e che non siano portati al manageriato. Il successivo compito era quello del completamento di parola. Emerse che gli studenti criticati da un manager nero in modo negativo erano più inclini a completare le parole con lo stereotipo del nero attivo, mentre con il manager bianco questo non succedeva.
Sinclair e Kunda (1999) hanno poi provato una condizione dove gli stereotipi avevano valenze opposte: Nero e Medico. I partecipanti dovevo eseguire un compito di abilità che poi sarebbe stato valutato da un medico bianco o uno di colore. L'esperimento intendeva misurare i tempi di latenza impiegati per decidere tra parola e non-parola. L'ipotesi era che avrebbero inibito o attivato gli stereotipi in base alla valutazione ricevuta. I risultati confermarono che i soggetti valutati positivamente o negativamente da un dottore nero impiegavano più tempo per inibire lo stereotipo del Nero o del Medico.

I processi di inibizione dipendenti da un controllo di tipo gerarchico

Esiste un secondo tipo di inibizione basato sulla gerarchia degli scopi, ossia vengono ottemperate le condotte più conformi agli scopi gerarchicamente superiori e inibiti quelle delle gerarchie inferiori date in un momento in cui occorre prendere una decisione. Pare che la socializzazione porti a sopprimere gli impulsi socialmente inaccettabili a favore delle condotte approvate e desiderabili. Il modello TOTE (Test-Operate-Test-Exit) di Miller, Galanter e Pribam (1960) è quello che meglio illustra il sistema di regolazione del comportamento.

Il controllo gerarchico in azione

Wegner (1994) ha proposto un modello a due fasi del controllo del pensiero. Per essere efficace, ogni processo di controllo del pensiero deve essere in grado di esaurire due fasi: la prima consiste nella verifica delle condizioni ambientali, in modo di confrontare lo stato raggiunto e gli obiettivi ambientali, mentre la secondo realizza un intervento operativo sull'ambiente nel caso che la verifica precedente abbia avuto buon esito. Secondo Wegner esiste una fase di monitoraggio e una fase operativa mediante la quale i contenuti incoerenti vengono eliminati. È stato notato che se avviene un fallimento nell'inibizione di un pensiero indesiderato giunto a coscienza, questo si presenta redivivo. Così la soppressioni di contenuti stereotipici che non va a buon fine rischia di rendere la risposta ancora più stereotipica.

L'aumento di accessibilità dei pensieri inibiti

Macrae (1999) ha ipotizzato che l'effetto indesiderato possa presentarsi anche senza un sovraccarico cognitivo (“effetto rimbalzo”). [Vedere esperimento Skinhead su “Metodi di ricerca”].
È emerso che le persone devono dedicare energia a sopprimere risposte stereotipiche, ma una volta profuso lo sforzo, queste tornerebbero più forti di prima alla coscienza.
In che misura l'ansia partecipa a questo processo? Wicklund (1975) suggerì che le persone sono tanto più vicine agli standard morali tanto più sono autoconsapevoli oggettivamente.
Macrae. Bedenhausen e Milne (1998) proposero un esperimento consistente in due condizioni. Ai partecipanti si diceva che sarebbe stata misurata la conduttività cutanea mentre eseguivano un compito di descrizione di una persona che vedevano in foto. Metà dei partecipanti si vedevano al contempo in un monitor, metà vedevano una terza persona. Non solo le descrizioni erano più ricche di riferimenti al Sé, ma erano anche meno stereotipiche nel caso fosse esposta la propria immagine.

I tentativi di soppressione degli stereotipi e le conseguenze sulla memoria per le informazioni sociali

Macrae, Bedenhausen,  Milne e Wheeler (1996) sottoposero due gruppi di partecipanti –  uno istruito a sopprimere lo stereotipo, l'altro no – all'ascolto di tre diverse descrizioni di una persona in fotografia. La persona mostrava di appartenere agli skinhead. Le descrizioni potevano non contenere elementi stereotipici, contenerne uno, contenerne cinque. Il partecipante era istruito di premere un pulsante qualora apparisse un flash di luce, questo serviva per misurare indirettamente la prestazione cognitiva. Questa calava in chi aveva il compito di non pensare allo stereotipo e veniva esposto a contenuti stereotipici. Una volta volta terminato veniva chiesto di riportare le informazioni acquisite. Chi non aveva nessun compito riportava tutte le informazioni senza problemi, chi invece doveva inibire mostrava che nel caso di esposizione massima il ricordo era scarso od assente.

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