Cerca nel blog

lunedì 16 agosto 2010

Psicologia dello sviluppo: basi teoriche e metodi di ricerca

Jean Piaget
Svizzero (1896-1980). Fin da adolescente interessato alla scienza e in particolare alla biologia. Ottiene il dottorato di biologia nel 1918. Si interessa alla psicologia e viene analizzato da un’allieva di Freud. Dal '23 a al '32 pubblica Linguaggio e pensiero nel fanciullo, Giudizio e ragionamento nel bambino, La causalità fisica nel bambino e Il giudizio morale nel fanciullo. In seguito, dal '36 al '45, pubblica La nascita dell’intelligenza nel bambino, La costruzione del reale nel bambino e La formazione del simbolo nel bambino segnando una nuova fase della ricerca scientifica. Dal 1950 Piaget si concentra sull’epistemologia genetica, cioè lo studio dei sistemi generali di generazione di conoscenza e del loro sviluppo. L’affinità di Piaget a Kant è dovuta alla supposizione di categorie di conoscenza a priori e che l’uomo interpreti obbligatoriamente la realtà attraverso queste strutture. L’approccio epistemologico genetico riguarda quindi sia a come si sono evolute teorie nel corso della Storia umana, che nell’individuo nel corso del suo sviluppo ontogenetico.
Per Piaget l’intelligenza è il più alto grado di adattamento mentale. In ogni adattamento sono presenti processi di assimilazione e di accomodamento. Nella prima l’organismo elabora stimoli senza modificare se stesso, nella seconda l’elaborazione porta alla modifica dell’organismo. Per Piaget conoscere la realtà significa trasformarla. Fino a 18 mesi le conoscenze vengono acquisite tramite azioni motorie e percettive, successivamente divengono interiorizzate. Nella terminologia di Piaget schema sta a indicare un insieme di azioni, struttura un’organizzazione dell'intelligenza.
Le tappe dell’evoluzione delle strutture nell’individuo per lui sono: intelligenza senso-motoria (fino a 10 mesi), pensiero simbolico (a 18 mesi), pensiero operatorio concreto (da 6-7 anni), pensiero operatorio formale (dagli 11-14 anni).
Le critiche rivolte a Piaget sono: disegni sperimentali e analisi dei dati inadeguate; eccesso di teorizzazione partendo da pochi dati empirici; sottovalutazione della capacità innate; difficoltà di interpretazione dei suoi scritti; attenzione verso un soggetto ideale detto “epistemico” che non è il soggetto reale.

Lev Semenovic Vygotskij

Fino al 1960 si pensò che la scuola russa seguisse il filone creato da Pavlov. In realtà già dal 1930 presso l’istituto di psicologia di Mosca diversi studiosi stavano realizzando nuove metodologie di studio per risolvere problemi psicologici influenzati dal marxismo. Vygostskij (1896-1934) è lo studioso più creativo e parte dal presupposto che i processi psichici superiori hanno una natura sociale. Lo sviluppo dell’intelligenza parte da basi biologiche e spontanee e poi attraversa un’evoluzione attraverso l’uso di strumenti e la cultura, strumento nelle relazioni sociali. La cultura fornisce di strumenti di significazione linguistici e matematici. Perciò i processi psichici superiori non sono da ricercare esclusivamente nell’organismo, ma in attività esterne avvenute in un contesto interattivo. Questi strumenti che mediano lo sviluppo dell’individuo e che l’individuo utilizza sono  storico-culturali e non naturali.
Per Vygostkij il linguaggio ha la funzione di regolare il comportamento e il pensiero. Dapprima il bambino viene guidato attraverso il linguaggio dell’adulto, poi il bambino stesso si dirà a voce alta cosa fare. Poi inizia a parlare nella mente e struttura il proprio modo di pensare. Altro importante concetto vygotskijano è la zona di sviluppo prossimale. Cioè l’insieme di apprendimenti possibili a breve termine e che portano ad ulteriori sviluppi del soggetto. Questo permette di concepire l’apprendimento e lo sviluppo dell'intelligenza come un processo dinamico e socio-culturalmente influenzato. La zona di sviluppo prossimale risente di due ordini di motivi: caratteristiche individuali e contesto sociale.

Etologia e psicologia dello sviluppo

Konrad Lorenz e Niko Timbergen avviano un filone di ricerca intorno al 1930 che presuppone che l’animale non sia un organismo passivo, ma tenda ad adattarsi alla propria nicchia ecologica. La teoria prevede che esista un nucleo di comportamenti innati specie-specifici presenti in tutta la specie o in un sottogruppo della specie. Sulla base della teoria evoluzionistica gli etologi studiano come gli animali si adattano e, perciò, sopravvivono all'ambiente. Essi sostengono che le varie specie si differenziano per i tipi di comportamento che possono apprendere e in quali periodi critici o periodi di sensibilità gli animali possono apprendere un determinato comportamento. Rilevante è la scoperta dell’imprinting. Un metodo di studio etologico è l’osservazione naturalistica effettuata in loco e guidata da ipotesi. L’etologia grazie alla rilevanza scientifica e dimostrabilità delle teorie formulate influenzò la psicologia.  John Bowlby è lo studioso che formulò la teoria dell’attaccamento infantile attraverso osservazioni naturalistiche sui fatti.

Psicologia cognitiva
A differenza delle altre scuole non vi è un fondatore e un anno di nascita. Si vuole far risalire il cognitivismo come paradigma scientifico della psicologia con la critica di Chomsky a Skinner intorno agli anni ’60, anche se dobbiamo ammettere che stoccate al comportamentismo sono state scagliate da diversi studiosi anche in precedenza. Però la psicologia cognitiva è un approccio che alcuni psicologi condividono come metodologia e posizione teorica. Ulrich Neisser pubblica nel 1967 Psicologia cognitiva ed è il manifesto di numerosi ricercatori successivi. Tecnica del cognitivismo è la creazione di un modello per spiegare un processo cognitivo; l’obiettivo più o meno formale è quello di spiegare il funzionamento della mente in termini molto prossimi a quelli dell’informatica.

Moduli e modularizzazione
J. H. Fodor nel volume La mente modulare, del 1983, sostenne che la mente è caratterizzata da un funzionamento modulare. Ogni modulo ha proprie funzioni e modalità di funzionamento. Ogni modulo tratta dati in maniera diversa. Da parte del filosofo si conclude che la mente è fortemente innata e le zone sono tra di loro scarsamente collegate.
A. Karmiloff-Smith nel volume Oltre la mente modulare, del 1992, concorda con Fodor che la mente è fortemente specializzata su basi innate più di quanto pensasse Piaget. Però ritiene che questi moduli sono meno rigidi e isolati di come li avesse considerati Fodor. Per la psicologa i moduli si vengono a definire attraverso un processo di modularizzazione. Con la posizione di Karmiloff-Smith è possibile intendere una mente che si va a formare attraverso l’apprendimento culturale, costruttivista, su base innata.

L'approccio interattivo – cognitivista
Attorno il 1950 la socializzazione veniva spiegata in psicologia dall’approccio psicoanalitico o comportamentista che la consideravano un processo secondario. John Bowlby introdusse l'idea che la socializzazione sia in realtà un processo primario e che sia fondato su basi genetiche. Studiosi di approccio cognitivista accettarono la posizione di Bowlby e sottolinearono che il metodo di studio della socializzazione dovrebbe porre attenzione al contesto interattivo in cui questo si sviluppa.
Schaffer, lo studioso interattivo-cognitivista più rilevante, sostiene che a) il bambino nasce predisposto ad una forma di socializzazione primaria con la madre, per cui la madre deve adattarsi a questa forma di socializzazione (orientamento diadico); b) introdurre una componente cognitiva per la socializzazione innata; c) importanza attribuita agli aspetti temporali delle situazioni interattive; d) uso di tecniche micro-analitiche; e) interesse per i processi più che per gli effetti.

L’osservazione
Può essere naturalistica che, come per l’etologia, consiste nell’osservare il bambino mentre, ad esempio, sviluppa il linguaggio. Oppure partecipante se si realizza in rapporto diretto con i soggetti. Con soggetti molto piccoli, anche neonati nel primo giorno di vita, vi sono tre tipi principali di paradigma di osservazione. Abituazione/Disabituazione: l’infante tende a guardare più a lungo, succhiare più forte verso lo stimolo più interessante per lui, dopodiché perde interesse. Stimolo preferenziale: si propongono all’infante diverse configurazioni di stimoli, lui tenderà a guardare o ascoltare quella per lui più interessante.

Il colloquio clinico e/o critico di tipo piagetiano

Piaget si ispira al colloquio clinico di tipo psicoanalitico. Non è rigidamente strutturato, perciò è flessibile e può adattarsi in base al dialogo ottenuto dall’intervista al bambino. L’intervistatore prende spunto dalle risposte del bambino per arrivare ai temi chiave dell’intervista, però lasciando parlare il bambino il più liberamente possibile. Piaget distingue cinque tipi di reazioni del bambino:
1 – Purchessia: il bambino è annoiato e fornisce una risposta a caso;
2 – Fabulata: invenzione di una storia senza riflettere;
3 – Suggerita: la domanda è suggestiva, o il fanciullo cerca di accontentare l’intervistatore;
4 – Provocata: la domanda è nuova e il fanciullo risponde in maniera intima e senza suggerimenti;
5 – Spontanea: il fanciullo ha già pronta una risposta e non ha bisogno di ragionare.
Le prime tre risposte sono da scartare, anche se la fabulata può dare indicazione sul mondo interiore del fanciullo. Per la terza occorre fare attenzione alla suggestione per mezzo della parola, evitabile usando il vocabolario infantile, o per perseverazione, formulando la stessa domanda sempre in maniera diversa. Una credenza può dirsi originale, secondo Piaget, se a un campione della stessa età emerge con frequenza la stessa rappresentazione di un fenomeno.

Nessun commento:

Posta un commento