Raccontare una storia
La narrazione è un caso particolare delle sequenze estere o espanse e offre un esempio di coerenza discorsiva che attraversa più di due o tre turni adiacenti. Una narrazione in una conversazione è una produzione interazionale che richiede la collaborazione delle parti per essere dispiegato. Quindi, in primo luogo, la narrazione ha una collocazione sequenziale: le storie sono articolate rispetto a ciò che le precede, che entra poi nella storia stessa e a quello che segue. In secondo luogo la narrazione può essere analizzata in tre parti costitutive. 1. sequenza di prefazione; 2. narrazione vera e propria; 3. sequenza di risposta.La sequenza di prefazione ha diverse funzioni. La prima è di attrarre la curiosità dell'altro e la seconda di garantire al narratore un "diritto narrativo" che permetta di avere dei turni più lunghi, ossia giunto ad un punto di rilevanza transizionale, continuerà a parlare. I riceventi della storia in genere producono segnali minimi che testimoniano l'attenzione e l'interesse come suoni vocali (uh huh), detti continuer.
Se i riceventi parlano all'interno della narrazione interrompono la stessa. Questo è il caso di problemi di comprensione, la quale deve essere incorporata perché la narrazione abbia efficacia.
Aperture
Le aperture sono un luogo interazionale denso in cui le persone devono posizionarsi nella conversazione nel giro di poche battute, il "problema del posizionamento". Specialmente al telefono le persone non hanno le risorse visive per riconoscere qualcuno e per predisporsi di conseguenza. Nel caso telefonico viene realizzata una routine che permette di verificare l'identità solo attraverso le parole e la voce che può essere definita una sequenza tipica estesa. Questa procedura si compone di 3 o 4 sequenze oltre le quali è legittimo iniziare il corpo della conversazione vera e propria.1. La sequenza "chiamata/risposta"
Lo squillo del telefono è già il primo turno ed è la "chiamata". Quando l'interlocutore risponde con "Pronto", "Sì?", "Casa Tal dei Tali", ecc. si è conclusa la prima coppia di elementi adiacenti con due azioni normativamente collegate. La "chiamata/risposta" è soggetta a due regole: la regola di distribuzione – chi risponde parla per primo – e la regola di non-conclusione – la sequenza non è l'ultima della conversazione. Esiste una preferenza per chi risponde, cioè quella di far squillare il telefono nè troppo poco nè troppo, per evitare che l'interlocutore all'altro capo faccia commenti o domande ("Eri proprio vicino, eh?", "Pensavo non ci fosse nessuno") in modo poi da non dover fornire spiegazioni o scuse. La risposta è standardizzata e permette all'interlocutore di comprendere dalla voce e dallo stile della risposta se chi ha risposto è effettivamente chi cercava. Il rispondente mette tra parentesi le attività che stava producendo e risponde con un tono che ricorda una firma.
2. La sequenza di identificazione
Il chiamante ha a disposizione un set di possibili risposte che tutelano le identità in gioco. La telefonata può finire poco dopo senza che nessuno dei due conosca l'interlocutore nel caso fosse stato un errore di chiamata. Il chiamante può rispondere semplicemente con un saluto scelto a seconda della relazione, oppure unire al saluto il nome della persona cercata (es. "Ciao Maria"). In questo caso si offre all'interlocutore uno scampolo di voce e non si procede con l'autoidentificazione per proteggere la propria identità. Oppure il chiamante può dire "Maria?". Anche in questo caso viene a configurarsi una preferenza al riconoscimento invece che all'autoidentificazione.
Usare "Ciao Maria" o "Maria?" ha delle implicazioni conversazionali. Nel primo caso se il rispondente non è Maria, il chiamante può perdere la faccia e si può creare imbarazzo, mentre la domanda "Maria?" lascia aperta una possibilità di errore. Se il rispondente risponde "Sì?" - sottinteso "chi parla?" - allora può esserci nel terzo turno l'autoidentificazione ("ciao sono Giorgio") e nel quarto quello Schegloff chiama big hello ("Giorgio!, chi si sente!"). La sequenza potrebbe continuare se il rispondente non comprende l'identità e ponga domande o neghi di riconoscere. Il chiamante aggiunge sempre più dati alla propria idenità e sulla relazione tra i due.
3. La sequenza dei saluti
I saluti iniziali rappresentano un rituale di accesso che marcano l'avvio dell'interazione. La scelta del saluto determina il tipo di rapporto che lega gli interlocutori e produce un graduale avvicinamento tra gli interlocutori. Se due persone sono in stretto contatto quotidiano la telefonata potrebbe procedere così
A chiamata
B pronto?
C ciao!
D ciao!
Quindi i saluti fungerebbero direttamente da identificazione.
4. La sequenza della "salute": "primo argomento" o "comunione fàtica"?
È comune che appena dopo la fase dell'identificazione e dei saluti avvenga la sequenza della "salute" in cui il chiamante chiede "come stai?" o "come va?" che può essere un gesto generico di riguardo nei confronti dell'interlocutore. Questo non implica che il chiamante voglia conoscere veramente lo stato di salute, allo stesso modo il rispondente dà una risposta convenzionale "bene, grazie" o simili, ossia una risposta neutrale. Sebbene una finzione gli interlocutori hanno dimostrato interesse e cortesia nei confronti dell'altro.
Possono avvenire due traiettorie in questa sequenza. Se il chiamante ha interesse veramente allo stato di salute, può ripetere la domanda nuovamente. Se il rispondente invece risponde non con la formula di rito, ma con una informazione fattuale la conversazione virerà verso una "sequenza diagnostica".
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