Famosa è la horos (dichiarazione) di Costantino V del 757 che dimostra l'errore di chi fabbrica e adora immagini sacre. L'argomento, in breve, è la finitezza dell'immagine, e ancora di più della rappresentazione, che dovrebbe rappresentare invece la Divinità onnipotente. Soprattutto l'errore è nel cercare di rappresentare diviso ciò che è unito. Il movimento iconoclasta non ha avuto un gran seguito, nemmeno all'interno della Chiesa ortodossa.
Anche Sant'Agostino agli albori della sistematizzazione del pensiero cattolico, III e IV secolo, condanna le immagini e la vista, ciò lascerà un'impronta duratura nel pensiero cristiano più radicale e ascetico. La condanna però è già nel pensiero delle Enneadi di Plotino, padre del neoplatonismo, in cui esorta a chiudere gli occhi e utilizzare l'altra vista che tutti hanno e che pochi adoperano. Il fine è la contemplazione del divino, la Bellezza, ossia Dio, non è nei corpi visibili agli occhi, questi sono solo dei fenomeni nel senso etimologico del termine, manifestazioni.
Le immagini sono lo strumento di schiere di eremiti e mistici dell'Occidente cristiano medievale, ma soprattutto il medium per trasmettere l'informazione cattolica alla popolazione di sudditi analfabeti. La Chiesa, avallata dagli argomenti di Tommaso d'Aquino (XIII secolo) :istruire gli analfabeti; fissare nella memoria i misteri e gli esempi dei santi; suscitare emozioni più forti del discorso orale, si impegnerà nella diffusione delle immagini sacre nel mondo.
L'anagogia, il trasporto verso cose sublimi per mezzo dell'intelletto attraverso cose divine, può essere messa in difficoltà e ostacolata dalle cose visibili. Gregorio Magno, alla fine del VI secolo, pur non disdegnando l'uso delle immagini fece buttare nel Tevere le statue più belle. Il pensiero cristiano di fatto non era ancora consolidato e il rischio era quello di cadere nella seduzione della bellezza del raffigurato, interrompendo cioè il processo anagogico.
La meditazione induista e buddista ha come elemento fondamentale l'incontro visivo con una divinità che elargirà meriti e ricompense per l'abbandono del regno samsarico. Le forme geometriche dei mandala sono la casa degli spiriti da evocare e dal cui punto centrale sboccerebbe la visione. La tradizione vedica, quindi anteriore, non prevedeva forme antropomorfe per le divinità, mentre l'induismo invece ha un pantheon di immagini umane praticamente infinito per una serie di motivi che vanno dalla geografia alla didascalia. Eppure può capitare che la cultura non sia il codice attraverso il quale si rende possibile l'immaginazione. Questo è il caso della visione a distanza, come quella dell'oracolo di Stato (Nechrung) del Tibet che riesce a conoscere l'immagine del luogo in cui si è reincarnato (tulku) il Dalai Lama (bodhisattva della compassione).
La teologia cattolica distingue molto bene il culto di "latria" (adorazione), dovuto solo all'unico e all'eterno Dio, dal culto di "dulia" (venerazione), dovuto ai santi a causa della loro partecipazione alla santità di Dio. Tale differenza, adorazione/venerazione, permane nella logica cattolica e ortodossa e viene adoperata per giustificare o frenare, se non criminalizzare, il culto delle immagini. Il fatto è che gli episodi narrati dalle immagini, edificanti, certo, invitano alla meditazione e alla preghiera, ma spesso si collocano sul bordo sottile che separa misticismo ed erotismo. Gesù è spesso raffigurato nudo, con carni flagellate, crocifisso a malapena con uno brandello di tela a coprire i genitali. Il recente restauro della cappella sistina rivela che sotto le foglie, volute dal vescovo Carafa, nascondo delle parti del corpo disegnate e dipinte da Michelangelo per papa Sisto IV. La biblia pauperum, letteralmente la Bibbia dei poveri (analfabeti) ma che per estensione attualmente designa l'iconografia di una chiesa, contiene la nudità e la nudità predispone e attiva, ma non solo nel senso di procurare attenzione – oggi ne sappiamo qualcosa –, anche nel senso di eccitare, non solo la fantasia.
Passando dal sacro al profano, le classi superiori adottarono la stessa tecnica per educare le nuove generazioni, le illustrazioni d'epoca mostrano i modi di vestire e le posture corrette per distinguersi socialmente. Anche qui pare che l'attenzione sia rivolta al controllo e alla riduzione della carica erotica dei giovani, attraverso un formalismo estremo del comportamento. La borghesia che successe all'aristocrazia fece propri i modelli di comportamento aristocratico e li radicalizzò. Il puritanesimo e i modi di vita della società vittoriana ne sono un esempio. D'altronde la borghesia, a differenza dell'aristocrazia, non si riproduce endogamicamente, ma è una classe aperta e, perciò, deve forzare il proprio modello di esposizione alle classi subordinate marcando bene i propri confini sociali.
Sappiamo bene che i totalitarismi subentrati in piena età moderna, cioè dopo la "morte di Dio", hanno prima distrutto le icone e i bastioni dei regimi teocratici precedenti e poi hanno incorporato il leader nelle immagini. Il culto della persona, forma criptoreligiosa del materialismo, non disdegna nemmeno le liturgie, stavolta però personali, e le parate militari spettacolarizzate. Allo stesso modo funziona l'esportazione della democrazia: prima avviene una furia iconoclasta che precede l'introduzione di un "nuovo" immaginario.
Così come la funzione istruttiva delle illustrazioni era legata a quella emozionale, anche la terza funzione che aveva riconosciuto alle immagini San Tommaso, quella mnemonica, era dipendente dalle prime due. La funzione memorizzatrice è stata esercitata con particolare insistenza attraverso la riproduzione figurativa di personaggi appartenenti a classi o caste provviste di potere sociale al fine di promuovere il proprio prestigio individuale o di gruppo. L'icona in questo caso è il ritratto
Le immagini sono oggetto di potere, amate e temute. Sta a significare che l'immagine veicola emozioni e fa leva sull'empatia. Riesce a raggiungere prima il cuore e poi la mente, il potere delle immagini è giusto questo. E il Potere fa leva sulle immagini per il loro potere di parlare con il sostrato irrazionale prima che alla comprensione ed il ragionamento.
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