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lunedì 22 dicembre 2014

Antropologia sociale: la visione dei visionari

Ai fini dell'antropologia della visione è indispensabile includere quei fenomeni di percezione visiva extrasensoriale, di cui l'antropologia stessa è la principale branca del sapere occidentale che non ha voltato le spalle con l'incalzare del positivismo. Infatti le visioni a sfondo mistico-religioso, quelle in stato di trance soprattutto, sembrano essere accomunate dall'immaginario culturale del visionario. Come mai il mistico cattolico vede i santi e quello buddista vede divinità tantriche?
Esistono due modi per svalutare le visioni: a livello individuale come allucinazioni psicotiche, a livello collettivo come suggestioni popolari. Ma nella scienza contemporanea interessata ai fenomeni comunicativi tale retaggio riduzionistico del periodo positivo è messo in discussione rivalutando l'immaginazione, a livello individuale, e l'immaginario, a livello collettivo.
Possiamo distinguere due tipi di visioni, quelle istituzionalizzate e quelle spontanee. Le prime generate culturalmente attraverso un processo di iniziazione ed un rito in cui il visionario si fa carico di una funzione sociale, mentre quelle spontanee assorgono appunto spontaneamente a individui aventi certe caratteristiche psicofisiche.
La mantica o divinazione è stata a lungo considerata centrale nell'organizzazione politica delle civiltà antiche. L'oracolo era il possessore di un arte o di una scienza in grado di tradurre i segni divini, perciò extrasensoriali, in messaggi sociali. I segni divini potevano essere contenuti in eventi del mondo sensibile, come nel volo degli uccelli, nel caso dell'ornitomanzia, o in altri supporti. L'oracolo può entrare in due tipi di estasi secondo gli studiosi (Bourguignon, Aune), la trance di visione e la trance di possessione. Secondo Bourguignon la trance è uno stato alterato di coscienza (ASC). La possessione da parte di divinità scatenanti il "delirio mantico" sembra essere la tipica forma di estasi dei "profeti liberi" e del continente africano. Il posseduto è culturalmente definito come tale: che sia o no veramente in trance, uno può dirsi posseduto quando è ritenuto e si ritiene tale. La trance da visione invece si affida a strumenti e mette in contatto il visionario con le potenze oracolari, spiriti, del luogo. Questa forma di divinazione è controllata e quindi può essere istituzionalizzata, come nel caso dello sciamano. Questa forma è tipica delle Americhe, specie quella del sud, dove si fa utilizzo di sostanza psicotrope. La teologia (occidentale) ha sviluppato una tassonomia della visione: visioni corporee, immaginative e spirituali. Ritiene i fenomeni di possessione prodotti dalle entità maligne se non dal Maligno stesso.
Stando alla nostra interpretazione dei fatti, le visioni sono visioni propriamente dette e non allucinazioni – cioè uno stato clinico – quando il soggetto è in grado di controllarle o decidere quando averne, o al limite che queste si dissolvano nello stesso modo in cui sono venute. A livello fisico chi è in trance riporta midriasi, rigidità muscolare, sudori e respiro affannoso. In molti casi il soggetto sviene o si addormenta poi riporta oralmente di aver provato uno stato di eccitazione e di benessere, dovuto dalla produzione di beta-endorfine.
Ex-stasis può essere tradotto come stare-fuori dalla percezione quotidiana, un fuori in cui un soggetto precipita con tutto il corpo. Non solo si udirebbero voci che nessun altro ode, ma può capitare che il soggetto parli lingue che non conosce (glossolalìa). La vista sembra essere il senso più interessato, i visionari riportano spesso, in modo orale, la visione di immagini o mondi spirituali ottenuti attraverso la percezione extrasensoriale.
Eliade definì lo sciamano – dal tanguso saman – il "tecnico dell'estasi". Poi il termine si trasferì nella letteratura antropologica a tutti i "professionisti" della visione e non solo ai medicine man siberiani. Aspirare allo "sciamanato" richiede un processo codificato socialmente consistente in alcune prove. Alcune volte uno diventa sciamano dopo aver superato una grave malattia ed un periodo di isolamento per chiamata da parte di uno spirito. Non sempre l'eletto ha cercato di diventare uno sciamano, tanto da reputarla una sorta di sfortuna.
La trance sciamanica viene autoindotta tramite recitazione ossessiva di formule, percussioni di tamburo, danza e raramente attraverso l'assunzione di droghe. Durante il suo viaggio, lo sciamano incontrerebbe spiriti ai quali chiederebbe dei favori.
La visione degli spiriti e l'interazioni con essi è la cifra distintiva degli sciamani, da ovunque essi provengano, siano essi maghi andamanesi o lama himalayani. Secondo le interviste biografiche degli studiosi, lo sciamano riporta spesso di avere qualche forma di illuminazione che permette di accedere ad una realtà extraordinaria, cioè non percepibile dal comune mortale.
É con una certa evidenza transculturale che il mondo percepito dallo sciamano sia più vero del mondo reale, come per la caverna del mito platonico, lo sciamano avrebbe accesso al mondo delle forme e dello spirito. A questo proposito, la tradizione orientale buddista tibetana ha codificato con precisione l'esperienza di illuminazione. Attraverso la coscienza del samsāra, cioè della illusorietà del mondo percepito dai sensi si potrà raggiungere il bodhi, l'illuminazione, a sua volta necessaria per raggiungere il nirvāna.
Il metodo principale per ottenere il bodhi è la meditazione vipassanā (letteralmente "chiara visione" o "visione penetrativa") e chi otterrebbe lo stato di bodhi avrebbe una costante modificazione della percezione. Secondo Solé-Leris lo stato bodhi non sarebbe uno stato alterato, ma uno stato elevato in cui tutti i fenomeni si rivelino per la loro impermanenza di base (anicca) e la mancanza di un sé (anattā). La percezione visiva elevata permetterebbe di avere la permanenza eidetica dell'immagine della meditazione, cioè la si vede anche quando si chiudono gli occhi. A livello mentale questo viene definito riflesso interno o impronta appresa. Infine, lo yoga potrebbe essere definito all'occidentale come la scienza del controllo della (propria) mente.

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