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domenica 14 dicembre 2014

Filosofia delle scienze umane: dottrine filosofiche della percezione

La percezione si pone come problema filosofico in quanto siamo nel mondo che percepiamo. La percezione ci mette in contatto col mondo e la filosofia intende comprendere il "come" di questo contatto attraverso l'intuizione della percezione in quanto tale.
Le dottrine filosofiche che si sono occupate all'inizio della modernità di percezione appartengono a due scuole che vengono presentate come contrapposte. Le due dottrine sono quella empirista e quella intelletualista e la declinazione della percezione è intrapresa al fine di sostenere una dottrina epistemologica, ossia "come possiamo conoscere?".
Barbaras ritiene che la fenomenologia si ponga come sintesi delle due dottrine partendo dal presupposto che percepire [noesi] è percepire qualcosa [noema] che si distingue dal ragionamento, dalla memoria e dall'immaginazione, poiché mette in contatto con la cosa in "carne ed ossa", e si distingue dal sentimento, poiché non inerisce allo stato dell'esserci. La percezione si colloca in due dimensioni: in primo luogo è accesso al mondo e in secondo luogo è sensazione, vale a dire è mia.

Dottrina empirista della percezione

Dire che percepiamo i nostri stati soggettivi, come fa l'empirismo, non è sufficiente in quanto la percezione inerisce l'io al mondo e lo mette in contatto con la cosa. E non è solo il correlato soggettivo di un oggetto spaziale, ma una relazione sui generis.
L'empirismo nasce in contraddizione con il cartesianismo, in special modo contro la teoria delle idee innate fornite da Dio e afferma che noi dell'oggetto possiamo conoscere la collezione delle nostre sensazioni date dalla sollecitazione degli organi di senso (Locke). Berkeley porterà alle estreme conseguenze per cui noi potremmo conoscere solo le nostre sensazioni. Dunque per l'empirismo la percezione sarebbe l'insieme delle sensazioni interiori.
La dottrina empirista inoltre esppone una concezione atomica della sensazione e differenzierebbe per numero le possibili sensazioni da cui deriva la percezione come una chimica delle sensazioni. Liquida inoltre tutta la conoscenza come abitudine data dall'associazione quando si sorpassa il semplice dato, come nel rapporto causale che viene interpretato come abitudine di B dopo A.
La sensazione ha in verità un doppio statuto: è contemporaneamente stato dell'io (attivazione) e contenuto (qualità). Il fatto è che tale sensazione rinvia a qualcosa del mondo, ad esempio del giglio bianco non coglierei solo la qualità "bianchezza" dall'attivazione, ma coglierei anche qualcosa che ha una determinata estensione e che mi si presenta così. Quando odo il rumore del motore colgo qualcosa dell'auto, non è che l'auto si dia per associazione e per abitudine. Così anche l'idea di una qualità separata dalla sostanza si pone problematica e soggetta a confutazione.
La Gestaltpsychologie mette seriamente in ipoteca la stessa idea di chimica mentale dimostrando che la percezione è diversa dalla mera somma delle sensazioni. La strategia della Gestaltpsychologie è di procedere a ritroso, ossia dalla percezione, ciò che si presenta effettivamente nel mio campo fenomenico, alle sensazioni, ciò che effettivamente è presentato, e la percezione si scopre eccedere le sensazioni. L'esempio può essere quello di una melodia che non si lascia ridurre nella sequenza additiva delle note-sensazione-atomica, ossia la composizione delle note eccede le note prese singolarmente dando origine ad una forma ulteriore e non riducibile, tanto che posso riconoscere la melodia anche trasposta. L'idea di atomismo quindi viene a decadere a favore della forma, per cui il percepito non è una composizione di atomi sensibili.
La struttura fondamentale della percezione per la Gestaltpsychologie è sostenuta attraverso il contrasto figura-sfondo, così noi percepiremmo identità a partire dalle differenze e non viceversa. La sensazione, che per l'empirismo è un concretum, sarebbe in realtà un abstractum lontano da ciò che effettivamente sarebbe la percezione.

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