Scopo programmatico della fenomenologia è di giungere "alle cose stesse" sulla presa di posizione che il "fenomeno" è il modo di manifestarsi dell'essere. A sostenere la posizione fondamentale della fenomenologia è la dottrina dell'intenzionalità, ossia che ogni atto della coscienza che realizziamo è coscienza-di-qualcosa (di fuori) e non è, come volevano gli empiristi, una mera coscienza dei nostri stati interiori. Le cose sarebbero come appaiono e non solo esisterebbero, ma si esporrebbero manifestandosi per ciò che sono poiché l'apparenza è qualcosa.
Date le premesse la fenomenologia, per cui l'apparenza è ontologica e non solamente psicologica, la fenomenologia come metodo produce un discorso sui fenomeni come modi d'essere dell'essere, ossia si pone come metodo per lo studio delle essenze.
Tale metodo si basa sull'epoché, ossia il passaggio da un atteggiamento naturale ad un atteggiamento fenomenologico, detto anche atteggiamento trascendentale, in cui "mettiamo tra parentesi" il giudizio sul mondo, ossia le nostre intenzioni non sono rivolte agli enti mondani ma agli atti di coscienza che li realizzano. In fenomenologia con mondo si intende l'orizzonte estremo di tutta la nostra esperienza fattuale e non un ente particolare.
Noesi e noema
Con noesi si intende l'attività intenzionale in base alla quale intendiamo le cose e con noema il correlato ogettivo dell'intenzionalità da un punto di vista trascendentale, ossia da laddove si costituisce l'oggettività dell'oggetto. Noetiche sono le percezioni, le significazioni, giudizi, ricordi, ecc. e noematichie sono il percepito, il significato, il giudicato e il ricordato.Noesi e noema derivano dal verbo greco noein che significa pensare, considerare, percepire, ecc. per cui noesis è l'atto del pensiero e noema, -ma indica il risultato o l'effetto, ciò che è prodotto dalla noesis.
Atteggiamento naturale e atteggiamento fenomenologico
La differenza tra i due atteggiamenti è dunque l'arretramento (riduzione fenomenologica da re-ducere, portare indietro) dall'investimento sul mondo (dell'atteggiamento naturale) ad una contemplazione neutrale dell'attività noetica e dei noemi (dell'atteggiamento fenomenologico) che sostengono la mondanità del mondo naturale e la nostra posizione in esso. Lo stesso mondo non può apparire se non da una prospettiva fenomenologica ed è una identità sui generis che consiste nell'estremo scenario di tutte le cose che sono e possono essere. L'altra identità sui generis che appartiene al mondo in modo singolare è l'ego, l'io. Io è quella "cosa" che può avere un mondo.Il modo in cui accettiamo le cose del mondo è quello della credenza (doxa); la credenza fondamentale (ur-doxa) è la credenza del mondo ed è non-appresa dall'esperienza.
L'accesso al piano fenonomenologica si dà quando vengono sospese attraverso un dubbio totale (epoché) tutte le credenze e assistiamo alla formazione delle intenzioni rivolte alle cose del mondo, ora contempliamo il nostro coinvolgimento ohne mitzumachen senza prendervi parte.
Husserl propone due vie di riduzione, ossia due argomenti che possono portare da uno stato naturale ad uno fenomenologico. La prima via riduzione è detta via ontologica di riduzione e si appella al desiderio umano di essere veramente scientifici. A complemento dell'attività scientifica, la f. rende meno astratta la scienza riportando i fenomeni del discorso scientifico all'intenzionalità, ossia ci si interroga sull'oggettività della scienza investigando le attività soggettive che la suppongono. Questa via passa dal particolare (la scienza-di) al generale (ontologia) con gradualità.
La seconda via è la via cartesiana di riduzione è inaugurata da Cartesio e modifica da Husserl. Cartesio, nel tentativo di rinnovare la riflessione filosofica, si interroga sull'ente in generale attraverso il dubbio metodico, ossia di considerare metodicamente le credenze soggette alla contaminazione del pregiudizio e quindi né vere né false, ma sospese sulla non evidenza. La via cartesiana non è così estrema come quella prevista da Cartesio, ma si inserisce nella motivazione al dubbio sulle nostre intenzioni. La differenza tra il cartesianismo perciò sta nella relazione al dubitare, nel caso della f. il dubbio è un tentativo e non un metodo. Si tenta di dubitare-di. Allo stesso modo l'epoché cartesiana si interroga sull'esistenza dell'ente in generale, mentre l'epoché fenomenologica ci espone a chiedere il significato di tale esistenza.
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