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sabato 13 dicembre 2014

Psicologia dello sviluppo: lo sviluppo morale

Lo sviluppo delle nozioni morali secondo Piaget
Piaget ha condotto studi su bambini tra i 4 e i 14 anni riguardo alle nozioni morali possedute. La tecnica piagetiana consisteva nel chiedere un opinione al bambino dopo aver letto due storie differenti per un aspetto critico. La moralità teoretica infantile, secondo Piaget, attraversa due fasi. La prima fase è della morale eteronoma e di responsabilità oggettiva, la seconda è della morale autonoma e della responsabilità soggettiva. La differenza principale è nel considerare la moralità di un fatto in base ai risultati o in base alle intenzioni. Fino ai 6-7 anni i bambini considerano la rottura di sei bicchieri involontaria più grave che di uno solo, ma intenzionalmente. Alla domanda di perché una cosa non debba essere fatta la risposta è che c'è il rischio di una punizione. Da qui eteronomia della morale, nel senso che non è data da un codice di valori interiorizzati, ma dalla costrizione esterna nel rispettare determinate leggi.
Riguardo al tema giustizia possiamo individuarne due tipi. Per quanto concerne la giustizia retributiva si prevede che un'autorità decida una punizione nel caso che un individuo abbia infranto una regola. La giustizia distributiva, invece, è inerente alla equa spartizione di un onere o onore fra più persone. Le punizione esse stesse possono essere considerate espiatorie quando non hanno nessun nesso con il fatto commesso, ad esempio proibire di vedere la televisione. La punizione per reciprocità, al contrario, non è arbitraria ma è connessa con l'atto commesso. La sanzione espiatoria è la scelta tipica di un bambino con età inferiore ai 6-7 anni. Riguardo alla giustizia distributiva si assiste ad un cambiamento di opinione nel corso delle età. La storia di Piaget prevedeva che una madre stanca chiedesse ai due figli di svolgere dei compiti, il primo non ascolta e va a giocare. La madre chiede al secondo di svolgere anche il compito del fratello. I soggetti fino ai 6-7 anni consideravano giusta la richiesta della madre al secondo bambino. Dagli 8 ai 12 i bambini si accorgono dell'ingiustizia nei trattamenti. Bambini più grandi, dopo 11-12 anni, considerano ingiusta l'inequità, ma accettano il compito della madre perché è stanca. I bambini inoltre credono in una giustizia immanente; se, ad esempio, venisse compiuta un'azione cattiva e questa non fosse punita il bambino può credere che sia la natura stessa a procurare una punizione (realismo morale).
La morale autonoma, secondo Piaget, si sviluppa attraverso il rapporto con i pari e con la comprensione delle regole sociali applicate alla pratica. Naturalmente le strutture cognitive sono più mature per affrontare questo passo.

Lo sviluppo delle nozioni morali secondo Kohlberg
Gli studiosi ritengono che la moralità sia trasmessa attraverso norme sociali, quindi culturali. Piaget e Kohlberg però non si limitano a pensare il bambino come soggetto passivo, ma dotato di un modo originale di apprendere e conoscere. L'approccio di Kohlberg nello studio della moralità infantile non è diretto verso il contenuto del giudizio morale, ma verso le strutture che portano alla valutazione, in modo particolare la motivazione. Nei racconti del ricercatore spesso veniva posta una situazione in cui una norma sociale entra in conflitto con un'altra, solo la motivazione può rendere giusta una delle due alternative. Kohlberg arriva a formulare una teoria composta da tre livelli composti da due stadi. Il primo livello è preconvenzionale. Nel primo stadio il bambino tiene conto soprattutto della punizione e il rispetto verso l'autorità è totale che definisce buona o cattiva un'azione aldilà del suo significato. Nel secondo stadio la morale è molto pragmatica, se l'azione porta soddisfazione alle necessità dell'individuo e occasionalmente degli altri, allora è buona. La reciprocità è concepita in maniera utilitarsitica: se gratti la schiena a me allora la gratto a te. Il secondo livello è convenzionale. Nel terzo stadio spesso il comportamento è giudicato dalle intenzioni. Lo stereotipo del "bravo bambino", come quel bambino che rispetta pubblicamente le norme sociali, è la tendenza tipica. Il bambini cerca di ottenere la simpatia, appunto, con le buone azioni. Il quarto stadio vede il bambino rispettare l'autorità e l'ordine precostituito facendo il proprio dovere, chi rispetta le regole guadagna considerazione. Il terzo livello è del superamento delle convenzioni. Quinto stadio. Il bambino ha bene a mente la relatività culturale perciò tende ad accertare le convenzioni acquisite. L'azione corretta viene ad identificarsi quindi in un gruppo di diritti universali. Comprende che le regole possono essere modificate in base alla necessità sociale, mutabile nel tempo. Il blocco "legge e ordine" del quarto stadio diventa più fluido. Nel sesto stadio la morale è dettata dalla coscienza e a principi etici autodeterminati che richiamano l'universalità e la coerenza. Kohlberg prevede un settimo e ottavo stadio di sviluppo morale. Nell'ottavo stadio l'uomo si chiede il senso dell'essere morale in un mondo che appare immorale; la risposta può essere data dopo essere riusciti ad integrare in un unico significato sia la parte felice dell'essere al mondo che la parte orribile dell'esistenza.
Le ricerche transculturali, quindi anche con diverse impostazioni religiose, dimostrano che lo schema kohlbergiano sia attendibile e che non si possa passare ad uno stadio successivo finché non si è passati da tutti i precedenti. Il passaggio a stadi successivi non dipende dall'età, ma dalle esperienze, soprattutto sociali.


Le ricerche di Damon
Damon concentra la sua ricerca nella giustizia distributiva positiva, cioè della distribuzione di risorse. Ha distinto tre criteri di giustizia distributiva: merito, uguaglianza e benevolenza. I tre criteri non sono mutualmente esclusivi.
I risultati di Damon, che utilizzava la collaudata tecnica del racconto, mette in luce il fatto che bambini intorno agli 8 anni utilizzano criteri di distribuzione in base a uguaglianza e benevolenza, oltre che merito. In linea di massima vengono confermati i risultati piagetiani e messa in risalto la componente di apprendimento basata sulla cooperazione tra pari.


Giudizi morali e sviluppo intellettuale
Vi è uno stretto parallelismo tra sviluppo intellettuale e sviluppo morale. Pare che la maggioranza dei bambini in fase preoperatoria esprimono giudizi di moralità eteronoma, mentre nella fase del pensiero operatorio concreto esprimono moralità autonoma. Si può concludere che per passare alla moralità autonoma occorre aver maturato il pensiero operatorio concreto e per oltrepassare il quarto stadio kohlbergiano sia necessario il pensiero formale. Ma non è sufficiente, benché necesario.


Influenza dei giudizi degli adulti e dei coetanei
Durante la fase della moralità eteronoma i bambini sono molto influenzabili dai giudizi morali degli adulti. Molti di essi non solo modificarono il giudizio durante la seduta dell’esperimento, ma anche in quelle successive in cui l’adulto non era presente.
La fanciullezza è l’età del terzo e quarto stadio di Kohlbert. La moralità è strettamente convenzionale, vengono giudicate le azioni in base alle intenzioni e vengono considerati diritti universali. Anche in questa fase l’adulto resta il garante della correttezza di una regola. È durante la scuola primaria che grazie alla cooperazioni tra pari si giunge ad una moralità post-convenzionale.
Bambini intorno ai 6-7 anni che potevano essere sia in fase eteronoma che autonoma furono influenzati dal giudizio di un coetaneo. In nessun caso si aveva un cambio di opinione. Se il modello rimaneva un bambino, ma di qualche anno più grande l’influenza avveniva e, al contrario dell’adulto in cui l’influenza poteva essere regressiva, questa era sempre e solo positiva.


Giudizi morali e ambiente sociale
L’ambiente sociale influenza molto il passaggio degli stadi morali. Da Piaget a oggi i bambini si sono fatti più precoci. La classe sociale predice bene lo stadio di sviluppo e l’educazione familiare il tipo di punizione scelta. Stili educativi e sviluppo morale
L’educazione dei bambini è dovuta all’influenza di molte persone. Le ricerche hanno individuato quattro tipi di educazione morale. I primi due sono basati sull’autorità, la minaccia di sottrarre affetto al bambino e la forza fisica, i secondi due sono basati sul dialogo e la capacità di far comprendere la situazione al bambino cercando empatia. Gli indici di cui viene tenuto conto negli esperimenti sono sviluppo morale del bambino, stile educativo, sentimenti morali, processi di interiorizzazione: resistenza alla tentazione, senso di colpa, confessione e controllo degli impulsi. L’ultima serie di indici veniva valutata attraverso un esperimento di osservazione diretta con specchio unidirezionale. Al bambino veniva proibito di giocare con un giocattolo, lasciato solo poteva decidere o meno di trasgredire il divieto.
Lo stile educativo basato sul potere fisico si basa soprattutto su sculacciata e ceffone e minacce di privare divertimenti al bambino. Tutte sanzioni di tipo espiatorio. Questo stile educativo è quello che meno di tutti porta alla moralità autonoma, non dà importanza alle intenzioni, ma agli effetti. Non facilita la confessione e l’interiorizzazione delle norme morali. Gli effetti più negativi sono dovuti alla madre e le bambine ne risentono più gravemente dei bambini. Si è dimostrato che più la punizione è intensa e più il bambino sentirà il desiderio di infrangere la regola perciò maggiori saranno le risorse per controllare gli impulsi.
Lo stile educativo basato sulla sottrazione dell’affetto non è basato sul potere fisico, ma sulla minaccia di togliere l’affetto. Si evita il dialogo con lui ansioso di “fare pace” e si minaccia di isolarlo e di privarlo dell’appoggio. Nel bambino si scatenano paure di abbandono e di separazione. Importante è la durata della punizione. Il bambino si trova dipendente dall’adulto in quanto non sa se la punizione sarà temporanea o permanente, specialmente quando è molto piccolo. Lo stile produce un’inibizione dei sentimenti ostili e aggressivi. È predisposto alla confessione, special modo se la minaccia è stata attuata dalla madre. A differenza dello stile basato sul potere fisico in questo stile è possibile una interiorizzazione dei sensi di colpa e delle norme. L’effetto più considerevole è l’inibizione. Gli stili educativi di tipo induttivi basati sull’empatia e sul ragionamento si basano sulle potenzialità del bambino nel capire attivamente il valore della norma. Il genitore che utilizza lo stile basato sul ragionamento privilegia il dialogo e la trasmissione al bambino di motivazioni. Dato che questo stile è particolarmente teso a convincere è detto “persuasivo”. Si cerca di far leva sul senso di orgoglio del bambino nelle sue capacità di autocontrollarsi. Quando lo stile è basato sull’empatia il genitore cerca di far capire lo stato d’animo in cui si troverebbe l’altro nel caso di una mancata adempienza della norma. Vengono prese seriamente in considerazione le intenzioni. Gli stili sono complementari e cercano di promuovere la comprensione dell’altro, uno sul piano cognitivo e l’altro sul piano emotivo. Lo stile induttivo, superiore a quello coercitivo, è molto efficace se usato dalla madre. Però bisogna ammettere che il bambino deve avere la possibilità di comprendere a fondo e ciò avviene dopo i 5/6 anni, prima la difficoltà è quella di poter usare parole e frasi che siano comprensibili al bambino.


Diversa influenza da parte dei genitori
Lo stile paterno influenza di meno di quello materno, ma se il padre è assente carenze nello sviluppo morale potrebbero essere elevate. Le femmine paiono interiorizzare di più le norme e decentrare il punto di vista sull’altro, resistendo meglio a tentazioni e provando un maggior senso di colpa. Hoffman sostiene che sia dovuto allo stile educativo dei genitori con bambine, di solito più centrato sul ragionamento e sull’empatia.

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