Classificare per applicare gli schemi
Per poter prevedere e direzionare le successive fasi di interazione siamo in grado di classificare una persona appena entra nel nostro campo percettivo, dopo di che, una volta classificata, attiviamo gli schemi per trattare con quella persona.Due modi di intendere l'appartenenza categoriale
Un primo modo di categorizzare è definito "aristotelico", consiste nel confrontare le osservare le caratteristiche di un ente e valutare se sono necessarie e sufficienti per inserire quell'ente in una categoria.Le ricerche cognitiviste hanno proposto un modo di classificare meno preciso, ossia le categorie non avrebbero confini netti, ma sfuocati. Quindi un ente può essere collocata in centro o in periferia della categoria. I membri che soddisfano tutte le caratteristiche per appartenere a quella categoria sono detti prototipi.
Rosch prevede una organizzazione gerarchica, articolata secondo diversi livelli di inclusione. Ad esempio nella quotidianità le persone riferiscono categorie sottoordinate (giocare a carte, guardare la TV) invece di quelle sovraordinate (attività del tempo libero).
Il modello del prototipo applicato alla cognizione sociale
Quando applichiamo la categorizzazione in psicologia sociale intendiamo come enti le altre persone. Più una persona sente come spiacevole il passaggio da un contesto sociale all'altro e deve mantenere precisi tratti identitari, più frequentemente si cimenterà nella categorizzazione basandosi sul prototipo della categoria.4 Il modello categoriale basato su esemplari
Un altro modo di categorizzare si rifà al confronto con casi esemplari esperiti in passato, la categoria verrebbe generata in base alle somiglianze degli esemplari, ossia co-occorrenze di certi tratti. Le evidenze sperimentali indicano come le conoscenze categoriali esemplari influenzino il giudizio sociale.
I due modelli a confronto
Secondo Fiske e Taylor (1991) pare che gli individui preferiscano riferirsi agli esemplari categoriali quando devono rendere conto di qualche fenomeno straordinario. Sembra che questo metodo di categorizzare e di attivare, perciò, rappresentazione sia comune quando non conosciamo a proposito di membri di una certa classe sociale. Ci rifaremmo quindo agli esemplari che abbiamo conosciuto (Smith e Zarate, 1990). Un metodo misto pare essere utilizzato quando si deve classificare il proprio gruppo di appartenenza.Un paradigma sperimentale classico nello studio della categorizzazione sociale
Le persone non possono prescidendere dalle conoscenze accumulate nel corso delle proprie esperienze e, perciò, non possiamo soprassedere all'importanza del modo in cui tipicamente il sistema di elaborazione umana prende in carico l'informazione in ingresso.La prima caratteristica del sistema è che continua a raggruppare le informazioni in base ad attributi significativi che condividono. Nella cognizione sociale viene affibbiata una etichetta linguistica sull'individuo in questione per assegnarlo ad una categoria.
La ricerca psicosociale ha individuato che avviene una attivazione inconsapevole e spontanea per ciò che riguarda genere e provenienza etnica.
I processi di categorizzazione
Una delle prime, se non la prima operazione cognitiva che avviene all'esposizione di altri è la categorizzazione. Davanti ad un gruppo di persone non ci basiamo immediatamente sul singolo, ma sui tratti che i membri del gruppo condividono (vedere paradigma di riceerca "Who said what").Si riscontra che individui caratterizzati da un alto livello di pregiudizio razziale fanno più spesso confusione tra membri di una stessa razza. Dunque viene dimostrato che l'importanza attribuita a determinate dimensioni sociali si ripecchi nella frequenza e cronicità con cui queste vengono applicate nelle esperienze di percezione sociale. È il sistema di valori dell'individuo che influenza le percezioni e perciò sull'esperienza, nonché le credenze riguardanti al gruppo si ripercuotono sul singolo.
Oltre a emettere errori più o meno gravi di giudizio sociale, si rischia di impoverire le caratteristiche di personalità dell'interlocutore con cui si interagisce. È difficile, se non impossibile, rivolgersi agli altri mantenendo la loro unicità intatta in base degli elementi idiosincratici che contraddistingono ogni persona. Questi interventi cognitivi di semplificazione agiscono al di fuori della volontà degli individui, si manifestano, cioè, in modo automatico.
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