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domenica 14 dicembre 2014

Psicologia sociale: la percezione sociale

Come un individuo forma delle impressioni riguardo agli altri?
Ogni individuo ha una teoria implicita di personalità (Bruner, 1954; Schneider, 1973) che consiste nella raccolta di rappresentazioni cognitive parziali raccolte attraverso l'esperienza e il giudizio attraverso a questa. Per cui se un individuo ci si presenta completamente rasato con gli anfibi ai piedi la tendenza è quella di dedurre che si tratti di uno skinhead e associarlo ai comportamenti tipici degli skinhead.

Rosenhan "Being sane in insane places" (1973): individui senza nessun tipo di patologia psichiatrica vennero internati in 12 diversi ospedali. Dopo il ricovero ottenuto con l'aver detto di udire voci inesistenti nessun medico, neppure nessun membro del personale, si accorse che si trattava di impostori anche se il comportamento dei degenti era normalissimo.

Questo esperimento dimostra che gli effetti dovuti alle aspettative possono formare giudizi fuorvianti ed erronei.

La fonte delle impressioni

Aspetto fisico

La prima tipologia di informazioni deriva dall'aspetto fisico e dai comportamenti manifesti.
Per quanto riguarda l'aspetto fisico, il primo indizio e a volte l'unico con cui possiamo delineare i tratti di personalità altrui. Ci sono diverse credenze che vedono associarsi a determinati tratti fisici determiniti tratti di personalità. I biondi sono socievoli, i rossi irascibili; chi ha gli occhiali è intellettuale, chi è brizzolato è distinto.
La bellezza fisica innesca un'ampia gamma di giudizi positivi riguardo alla personalità: ci si aspetta che chi sia bello sia anche buono (Dion, 1972) e che sia dotato socialmente e cordiale (Eagly, 1991).
Persone più attraenti hanno maggior probabilità di essere aiutate da sconosciuti, di ricevere pene più miti nei processi e persino i bambini reputano altri bambini non belli sgarbati e aggressivi.

Welster (1966): si formarono delle coppie casuali di universitari a cui era stato misurato il QI, la capacità sociale e l'avvenenza fisica. Al termine della serata le persone più avvenenti avevano ottenuto la richiesta di un secondo appuntamento, chi è stato in compagnia di persone belle ha giudicato più soddisfacente l'esperienza. QI e abilità sociale non sono state considerate.

Persone con certi tipi di lineamenti infantili, detti baby-faceness, (occhi grandi, mento piccolo, etc.) sono giudicate più oneste, ingenue, poco sicure di sé (Zebrowitz, 1997) e spesso queste si identificano nei tratti dati dagli altri (Berry, 1989).

Il proprio aspetto fisico crea delle preferenze anche nel mondo del lavoro. Nei panni di selezionatori di personale le preferenza per persone attraenti era superiore (Cash, 1979) e persone più alte di 1.85 ricevevano uno stipendio maggiore (Knapp, 1978). Per le donne invece la bellezza fisica nel mondo del lavoro è una dote ambivalente.
Mostrando due foto di uomini, quello più attraente veniva considerato superiore, ma per le donne quella più avvenente veniva giudicata premiata al lavoro per il suo aspetto fisico (Heilman, 1985).

Comunicazione non verbale

Ogni particolare cultura ha il suo codice che regola il comportamento non verbale, non esiste un significato in assoluto. Però in generale chi riesce a esprimere meglio le proprie sensazioni a livello non verbale viene giudcato più simpatico (Friedman, 1988). Il comportamento non verbale permette di capire il ruolo sociale, infatti il contatto fisico avviene in maniera assimetrica, chi ha uno status sociale più elavato frequentemente tende a toccare persone con status inferiore (Harley, 1973).
A quanto pare le espressioni facciali hanno una interpretazione quasi universale: espressioni di tristezza, felicità, rabbia sono molto simili tra culture diverse (Ekman, 1987).
E' stato riscontrato che le donne siano superiori agli uomini nel decodificare comportamenti non verbali. Alice Eagly (1987) ha proposto una "teoria del ruolo sociale" che prevede che le donne sono eccellenti in questo compito per il ruolo subordinato da sempre avuto nel contesto sociale.
Ekman si è concetrato molto sullo studio delle microespressioni (1975), cioè dei movimenti inconsapevoli della mimica facciale della durata di istanti. A quanto pare chi sta mentendo si concentra molto di più sul contenuto della menzogna e non sulle sue proprie reazioni fisiche.
Alcuni esperimenti dimostrano che chi è impegnato in attività cognitive o vede solo il corpo anziché ascoltare individua con più probabilità un bugiardo.

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