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lunedì 23 agosto 2010

Psicologia della comunicazione: la comunicazione interpersonale

La comunicazione interpersonale è una fatto complesso e occorre articolare la definizione tenendo conto dei vari aspetti. In base alla teoria dell’informazione il modello di Shannon, pensato per qualsiasi comunicazione, per molti anni è stato applicato allo studio della comunicazione umana. Nella normale conversazione faccia a faccia il flusso è continuo e reversibile. Il flusso di comunicazione è reciproco o bilaterale. Un messaggio in genere non resta tra mittente e ricevente, ma entra a far parte di una rete di comunicazione sociale.
La comunicazione, intesa come interazione sociale, è una sequenza di azioni concatenate che dà il via ad un processo sociale. L’unità in questo caso è l’evento comunicativo. In questa luce la pragmatica linguistica è senz’altro il miglior paradigma. Un primo approccio, oggi svalutato, è quello di Palo Alto. Un secondo, e più accreditato, è il modello SPEAKING di Hymes (1974) che è acronimo degli eventi comunicativi che concorrono nella comunicazione. È sbagliato pensare che si parli nel vuoto: la comunicazione è un’attività istituzionalizzata. Non basta saper la lingua per parlare, ma anche come i parlanti la usano nei contesti. Ogni comunicazione avviene dopo un contratto di comunicazione e la relativa negoziazione. Allo studio di quanto esposto si deve un contributo dell’etnografia della comunicazione, una branca scientifica eclettica che trae origine da antropologia, linguistica e sociologia e studia in maniera sistematica le attività comunicative delle comunità umane. L’etnomedologia fondata da Garfinkel studia gli etnometodi, cioè le procedure adottate dalla gente per orientarsi nel mondo sociale. In seno alla disciplina è nata l’analisi della conversazione, un filone di ricerca che studia la struttura di base dell’attività comunicativa. La teoria drammaturgica di Goffman ha come sfondo la recita del copione per ottenere una determinata rappresentazione e gestire le impressioni. L’ecologia della comunicazione di di Giovanni cerca di fare una tassonomia delle attività comunicative.
Nella negoziazione i partecipanti si accordano sul funzionamento della comunicazione, sulla struttura dalla relazione e sulla conoscenza del mondo. Le comunicazioni ottenibili possono essere comunicazione apparente, comunicazione fredda e comunicazione calda.
L’idea del costruttivismo sociale è che la realtà è costruita collettivamente, cioè vi è un’interdipendenza cognitiva. Non è un individuo che decide cos’è la realtà sociale. Ma essa va costruita attraverso la negoziazione sociale della realtà perciò la comunicazione interviene soprattutto nella costruzione sociale. Gli etnometodologi hanno elaborato il principio della riflessività: gli eventi comunicativi e la società influiscono tra di loro a vicenda.
Delle regole della conversazione non teniamo conto, poiché gli script sono mantenuti nella memoria procedurale, ma nel loro complesso si compongono di apertura, parte centrale e chiusura. L’analisi della conversazione è di origine etnometodologica e studia la struttura dell’attività comunicativa e non il messaggio, a differenza dell’analisi del discorso. Canonica è la trascrizione jeffersoniana che riporta ogni dettaglio verbale e non verbale. L’apertura comprende una tripletta: riconoscimento reciproco, saluti e sequenza di avvio. La parte centrale sviluppa gli argomenti della conversazione. Di norma si segue una continuità tematica, ma spesso c’è un alone atematico che apre nuovi spunti. Di regola c’è convergenza sul tema, ma se la comunicazione è scoordinata avviene una conversazione tangenziale su temi diversi. La chiusura serve per gestire la separazione e non far sentire chi deve ancora parlare non preso in considerazione. L’avvicendamento dei turni si deve ad un sistema di gestione locale, che non ha a che fare con tutta la conversazione, che evita i silenzi e le sovrapposizioni. La regola di fine turno porta ad un punto di rilevanza transizionale. Chi parla fa capire che cede il turno con segnali prosodici, o comunque non verbali, unite anche a formule di passaggio e invita a parlare un interlocutore. Per sicurezza il nuovo emittente fa una partenza balbettante, una forma d’introduzione.
Le conversazioni si servono di atti complementari preferenziali per poter continuare senza ripercussioni sulla relazione. Gli atti non preferenziali infatti sono delle disconferme, negano all’altro ciò che si aspetta e di solito sono più marcati in modo da compensare con un atteggiamento interpersonale positivo.
Le sequenze non hanno tutte lo stesso peso nella comunicazione, alcune sono primarie ed altre secondarie. Spesso prima delle disconferme subentrano delle sequenze-inserto. Altre volte le sequenze sono introdotte da pre-sequenze, una sorta di didascalia su ciò che si sta per fare. Pre-domande, pre-richieste, pre-inviti sono tutte forme per sondare il terreno.
Il filosofo del linguaggio Grice (1967) ha determinato quattro massime di cooperazione. 1) Quantità di informazioni, fornire le informazioni richieste; 2) Sincerità, non dire cose false o verosimili; 3) Pertinenza, attenersi al tema; 4) Perspicuità, cerca di essere comprensibile e ordinato. Le massime di Grice sono da considerarsi a livello profondo della conversazione, ma regolarmente vengono infrante sia per mentire che per fini istituzionalizzati.
Le regole della conversazione, oltre alla cooperazione, sono la coordinazione, e la cortesia. Questa è la tendenza alla mitigation, cioè nell’essere accomodanti. Nelle dispute verbali dei litigi queste regole vengono violate programmaticamente.
Esistono culture che violano sistematicamente alcune regole. Nel Magadascar non viene rispettata regolarmente la cooperazione, cercando di fornire più informazioni di quanto serva e mentendo. Esistono però delle profonde differenza nella modalità di esecuzione specie nel grado di loquacità. Per alcune culture è offensivo parlare liberamente, per altre è offensivo non parlare. Cambiano le durate del gap al punto di rilevanza transizionale, tanto che in Canada i nativi e i canadesi evitano di parlare tra loro in quanto i nativi hanno gap più lunghi nel quale il canadese, non sentendo risposta, continua a parlare non cedendo il turno.
Ci sono anche differenze di genere. Le femmine cercano di rispettare rigorosamente tutte le regole della conversazione per ottenere il miglior risultato possibile in termini di relazione. Nel genere femminile è riscontrata anche la minore assertività, forse dovuta alla posizione sociale. Le differenze individuali sono in fattore alla stabilità emotiva e all’estroversione.

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