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domenica 22 agosto 2010

Psicologia della comunicazione: partecipazione mentale nella comunicazione animale

Il rasoio di Occam prevede che non si debbano adottare spiegazioni complesse se sono possibili soluzioni semplici. Nel caso della partecipazione mentale degli animali nella comunicazione spesso si corre il rischio di interpretare come meccanico ciò che in realtà potrebbe essere intenzionale. Il canone di Morgan postulato nel 1894 nella sua Introduzione alla psicologia comparata parla chiaro, non dobbiamo attribuire a comportamenti animali le facoltà psichiche superiori quando è possibile ricondurle alle inferiori.
Si tratta di una assunzione metafisica infondata, chi ci dice che la natura tenda al semplice e non siamo noi a semplificare artificiosamente?
Sta di fatto che ci siano pochi animali che operino attraverso facoltà cognitive superiori. Gallistel (1990) afferma che è possibile assumere un concetto di rappresentazione mentale di tipo funzionale. Secondo questa visione una rappresentazione mentale è un sistema di elementi presenti nell’individuo isomorfo ad un sistema di elementi presenti nel mondo. Dalla posizione di Gallistel possiamo avere rappresentazioni mentali descrittive e rappresentazioni mentali procedurali.
Un metodo per capire se un animale dispone di rappresentazioni mentali descrittive e constatare se esegua o meno il problema del commesso viaggiatore. Nel caso dovesse accedere a risorse sul territorio visitate in ordine sparso, se adottasse una rappresentazione descrittiva del territorio, sceglierebbe la via più breve per raggiungerle e non quella appresa.
L’effetto audience fa sì che si assistano a comportamenti diversi di uno stesso individuo in relazione alla presenza di cospecifici.
L’intenzionalità è un concetto espresso in filosofia e preso in prestito da altre discipline. Il problema è stato sollevato da Brentano e investe grande interesse per la psicologia perché investe sulla possibilità di far della mente un oggetto di scienza. A differenza del senso comune l’intenzionalità è la proprietà di uno stato mentale di entrare in relazione con un oggetto in maniera particolare, non causa-effetto. Per il filosofo della mente Daniel Dennett l’intenzionalità è il risultato di un “atteggiamento intenzionale”, cioè fa sì che a noi ed agli altri vengano attribuite intenzioni in modo da poter controllare il flusso dei comportamenti. Dennett spiega che si possono avere intenzioni sulle intenzioni degli altri (A pensa che B abbia un’intenzione) a diversi livelli. Per cui per il filosofo le intenzioni sono rappresentazioni riflessive e si dividono in intenzioni semplici, intenzioni sul mondo, e metaintenzioni, intenzioni di intenzioni. La teoria intenzionale di Dennett è complessa e non è di facile applicazione nel mondo animale. Millikan (1984) ha proposto una teoria dell’intenzionalità che prevede delle icone intenzionali, cioè delle intenzioni di primo livello rivolte ad un probabile feedback. Nell’uomo coesistono metaintenzioni e icone intenzionali, di fatto capita di pensare a che cosa pensino di noi ed è un tipo di comportamento di gestione delle impressione e di presentazione del sé teorizzate da Goffman. Evidentemente il mindreading è risultato adattivo per l’essere umano e la sua società, tanto da essere presente nelle rappresentazioni una teoria implicita della mente. Vari comportamenti osservati nella comunicazione animale possono far sorgere il dubbio di una intenzionalità animale. Ad esempio gli inganni improvvisati possono far pensare all’intenzionalità, l’effetto audience, la produzione di segnali convenzionali, il gioco, la  didattica. L’autocoscienza è la capacità di un individuo di sapere di sé come di un individuo e può essere distinta in autoconsapevolezza soggettiva, cioè il sapersi agente dei propri comportamenti, e l’autoconsapevolezza oggettiva, cioè il sapersi parte di un tutto e di considerarsi un oggetto di un sistema più grande. Quest’ultima può essere di due tipi; la prima è la capacità di sapere di intenzioni proprie e intenzioni altrui, l’altra, più complessa, è la capacità di raffigurarsi la situazione dal proprio punto di vista e dal punto di vista altrui. L’ultima distinzione è l’autoconsapevolezza individuale, la quale è la capacità di un individuo di sentirsi il raccordo di esperienze passate e presenti. Alcuni animali messi davanti allo specchio dapprima cercano di comunicare con un immaginario cospecifico, infine arrivano la consapevolezza della propria immagine riflessa. Gallup sostiene che animali che si autoriconoscono possono essere capaci di autoconsapevolezza oggettiva e al mindreading però è stato aspramente criticato.

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