Leggere e scrivere
Negli ultimi anni ricerche con approccio cognitivista hanno prodotti notevoli risultati. Pazienti con particolari lesioni cerebrali hanno prodotto difficoltà di lettura e scrittura diversi tra loro.
Per quanto riguarda la lettura sono presenti tre “vie”. La prima, la più completa e complessa, prevede che dopo l’analisi visiva venga consultato il magazzino semantico; si confronta il risultato semantico con quello del magazzino fonologico; se viene prodotto un risultato la parola, infine, pronunciata. La seconda via prevede che dopo l’analisi visiva si trasduca direttamente da grafema a fonema. Si corre il rischio di non capire la parola pronunciata che non pronunciarla correttamente. Questo viene evitato risalendo al magazzino fonologico e poi a quello semantico a posteriori. La terza via consiste nel passare direttamente al magazzino fonologico senza capire assolutamente il significato, però pronunciando nella maniera corretta.
Nello stadio logografico il bambino è capace di leggere e scrivere determinate parole, ma non riconoscendo i grafemi con le quali sono scritte. La conoscenza è sincretica e non analitico-sintetica, cioè può leggere e scrivere “sole”, ma non “sale”.
Nello stadio alfabetico il bambino segue la regola grafema-fonema e viceversa.
Nello stadio lessicale le parole vengono lette e scritte in maniera globale automaticamente senza passare consciamente ogni grafema, fonema.
L’atto dello scrivere è in definitiva un atto di problem solving molto complesso. Lo scrivere può essere suddiviso in tre processi distinti. Il primo è la progettazione: il soggetto crea delle idee da comunicare, le organizza e sceglie quali vuole comunicare. Il secondo è la trascrizione: il soggetto arrivato ad una progettazione accettabile trascrive ciò che ha pensato. Una volta fatto può procedere al terzo processo o progettare idee nuove. Il terzo processo è la revisione: può essere continua mentre si sta scrivendo oppure sistematica che si compie alla fine del periodo o del paragrafo.
Acquisizione delle abilità numeriche
Come fa un bambino ad acquisire i concetti della numerazione e dei numeri? Secondo Gelman e Gallistel (1978) con l’atto del contare.
Come si conta in maniera appropriata? Gelman suggerisce tre principi. Principio di corrispondenza biunivoca: una quantità è rappresentata da una e una sola parola. Principio dell’ordine stabile: i numeri hanno sempre lo stesso ordine. Principio della cardinalità: dato un insieme di ordinato, la cardinalità dell’ultimo elemento è la quantità di elementi nell’insieme.
Cosa si può contare? Principio dell’astrazione: qualsiasi cosa può essere contata.
Quale ordine per gli elementi da contare? Principio della non pertinenza dell’ordine: dato un insieme di elementi, l’ordine di questi è indifferente.
La posizione di Gelman (innatista) è che esista un modulo innato riservato ai numeri. Le difficoltà dei bambini piccoli, per lo studioso, sono dovuti a problemi di efficienza e non di competenza.
Siegler (1991) ritiene che i bambini dapprima imparino a contare limitatamente e con l’esperienza, quindi vi è un approccio costruttivo, astraggano i principi individuati da Gelman, ma che non siano una dotazione innata, ma qualcosa a cui il bambino deve arrivare.
Studi dimostrano che esiste una competenza numerica anche in età insospettabili come a 4-5 mesi di vita. Tra i 3 e i 6 anni il bambino è in grado di destreggiarsi con addizioni e sottrazioni più di quanto si immagini.
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