Teorie dello sviluppo delle emozioni
Esistono due diverse ipotesi teoriche, la teoria della differenziazione e la teoria differenziale.
La prima risale a Bridges ed è degli anni Trenta del XX secolo. Il neonato avrebbe uno stato di maggiore o minore eccitazione, la differenziazione progressiva permette di distinguere stati emotivi di sconforto e di piacere. Dopo i tre mesi lo sconforto diventerebbe collera, disgusto e paura, mentre più tardi il piacere si differenzierebbe in giubilo e affetto per gli adulti. Rielaborazioni della teoria evidenziano come sia possibile la differenziazione a partire dallo sviluppo affettivo e cognitivo.
Ricerche successive della teoria della differenziazione prevedono sei diversi stadi di sviluppo emotivo nei primi 18 mesi di vita. Il primo mese è presente il sorriso endogeno, il trasalimento, il dolore e lo sconforto. Sono ritenuti i precursori rispettivamente di piacere/gioia, circospezione/paura, rabbia/collera. Durante il secondo stadio, fino ai 3 mesi, non sarebbero presenti vere e proprie emozioni, ma dei precursori. Tra questi vi è il vocalizzo e l’attenzione coatta precoce. Questa è la fissazione di fronte a stimoli del tutto nuovi per alcuni minuti. A partire dal terzo stadio, dopo i tre mesi, si assisterebbe a vere e proprie emozioni cioè reazioni del soggetto basate su stimoli dati dal mondo esterno. Il quarto e quinto stadio vi è un aumento del numero delle emozioni e un raffinamento . Iniziano a presentarsi ambivalenze e configurazioni di emozioni. Il sesto stadio è caratterizzato da sperimentazione e sarebbe caratterizzato da emozioni di ansia, esultanza, umore irato e petulanza. Dopo i 18 mesi apparirebbero altre emozioni come vergogna, amore per sé, opposizione, orgoglio, far del male intenzionalmente e il senso di colpa.
La teoria differenziale (Izard, 1978) dà importanza alle basi innate delle emozioni. Suppone che ogni emozione primaria sia predeterminata universalmente e che le emozioni abbiano caratteristiche peculiari non riconducibili ad altre emozioni. Per la teoria le emozioni apparirebbero al momento opportuno, cioè quando assumono un valore adattivo, su base maturazionale. Izard propone tre stadi di sviluppo. Il primo, intorno ai 2-3 mesi di vita, è caratterizzato dal soggetto per esperienze sensorio-affettive, con espressione di emozioni su base innata per comunicazione di bisogni e per formare l’attaccamento madre-bambino. Al secondo stadio, a 3-4 mesi, il bambino presta particolare attenzione agli elementi del mondo esterno perciò le emozioni di questo periodo sono caratterizzate da processi percettivo-affettivi. A 9 mesi circa il bambino entra nel terzo stadio di sviluppo emotivo attraverso esperienze cognitivo-affettive.
Nell’ambito dell’orientamento cognitivista, Scherer (1982) ritiene che lo sviluppo emotivo sia condizionato dalle capacità di valutazione del bambino. Inizialmente il bambino può valutare ciò che è familiare e cosa non lo è, cosa provoca piacere o dispiacere. Dai tre mesi un bambino può valutare se uno stimolo permetta il raggiungimento di un obiettivo oppure lo ostacoli. Più tardi, intorno all’anno, si presentano situazioni sociali ed emergerebbero altre emozioni come colpa, vergogna, disprezzo.
Harris nel volume Il bambino e le emozioni (1989) riprende alcune ipotesi formulate da Darwin le quali prevedevano che le emozioni e le espressioni facciali abbiano dei significati stabiliti innatamente, così come il riconoscimento delle stesse sia su base innata. Harris enfatizza anche il ruolo delle componenti cognitive presenti già dal primo anno di vita che permettono un controllo ed un riconoscimento delle emozioni. La cognizione emotiva dà esperienza del proprio stato soggettivo e dal secondo anno anche degli stati soggettivi altrui.
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