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lunedì 22 dicembre 2014

Antropologia sociale: esotismo e multiculturalismo dell'immagine: spazio/tempo riconsiderati

Conoscere il diverso, l'alterità, per conoscersi non è solo una curiosità da intellettuale, da scienziato o da letterato, ma una spinta verso l'ignoto che fa parte della nostra natura. La costruzione della tolleranza attraverso la conoscenza e il contatto con l'altro è il più grande regalo che può fare all'umanità e all'uomo la civiltà occidentale all'indomani della"soluzione finale" nazista, alla ricerca della purezza a tutti i costi. Il fatto è che le aberrazioni fanno parte della nostra storia e queste sono quindi nella nostra memoria, fanno parte della nostra identità, e ci dobbiamo misurare con esse. Segregazione, razzismo, apartheid, schiavismo, sfruttamento. La nostra storia è intessuta sulla violenza del dominio e sui miti di purezza che legittimano le azioni di negazione dell'alterità, se non negazione dell'umanità, disumanizzazione.
La visione dei tratti somatici (gli africani neri, i cinesi gialli, gli ebrei nasoni) reifica la diversità e rende riconoscibili un tanto al chilo quelli diversi da noi. Anche qui c'entra la visione, nella discriminazione, nel senso bieco del termine, che ancora più biecamente associa simbolicamente a tratti fisici a valori spirituali ed invisibili. Il gruppo etnico è nuovamente una categorizzazione effettuata da una etnia, la nostra, per dividere non più per tratti fisici, ma per tratti culturali.  Con l'occhio della mente vediamo anche l'alterità estrema, quella delle divinità.
La storia dell'Occidente, nel periodo delle colonie, ci racconta una ambivalenza tra eterofobia ed eterofilia. L'Ottocento e l'inizio del Novecento contano a centinaia gli artisti, non solo pittori, ma anche scrittori, che rivoluzionano il concetto di arte per mezzo del contatto con il diverso. Picasso e la maschera africana de Les madamoiselle, Gauguin e le polinesiane, Joseph Conrad e Cuore di tenebra, ecc. L'esotismo, exo- è ciò che è fuori, non è stato solamente una forma sublimata o meno di erotismo verso lo sconosciuto, ma un canale di conoscenza, di fusione e di avvicinamento. Allo stesso tempo, quell'esotismo, è la ricerca del mito delle origini. Il mito di quando ancora non eravamo corrotti ed esistevano insieme la comunità e la libertà, cioè una forma di nostalgia per qualcosa che probabilmente non si è mai dato.
Quando ci riferiamo alla nostra situazione attuale usiamo spesso "multiculturalismo", un termine non chiaramente definito, che in sostanza indica la co-presenza di più realtà culturali spalla a spalla dopo la globalizzazione, le migrazioni, lo scioglimento dei confini dei ghetti, ecc. L'esotismo può essere di nuovo declinato ideologicamente, come per il colonialismo, al fine però di creare delle immagini dell'esotico per mantenere puri i ceppi culturali e per evitare il meticciato, perciò delle forme nuove e sconosciute da governare. Più che esotismo, esotizzazione: la farsa dell'eterno primo incontro conoscitivo dei conosciuti.
Come ben sappiamo i media omnipervasivi, sono i canali nei quali vengono riversate le immagini dell'alterità e sappiamo quanto sia difficile imbrigliare la potenza dei mezzi di comunicazione uniti alla logica capitale.

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