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sabato 13 dicembre 2014

Psicobiologia: i ritmi cerebrali

L’elettroencefalogramma EEG è lo strumento più comune per misurare l’attività cerebrale. Circa 24 elettrodi vengono disposti sulla cute e captano differenze in mV tra uno e l’altro. La sensibilità dello strumento è quella dell’attività di popolazioni di neuroni sotto diversi strati di isolanti. Nell’EEG sono distinguibili i ritmi beta (più di 14 Hz) che sono i ritmi più veloci, alpha (8-13 Hz) tipici della veglia, teta (4-7 HZ) che si osservano durante il sonno e delta (sotto i 4 Hz) associati agli stadi di sonno profondo. Generalmente i ritmi ad alta frequenza/bassa ampiezza si associano a stati di veglia attiva mentre ritmi a bassa frequenza/alta ampiezza a stati di addormentamento.
La sincronizzazione dei neuroni può avvenire per un meccanismo comune di eccitazione oppure dall’eccitazione reciproca. Il talamo è uno dei centri in cui neuroni scaricano ritmicamente senza necessità di stimoli esterni. L’epilessia, di cui oggi l’eziologia è sconosciuta, è un fenomeno per il quale si ha una crisi con perdita di coscienza o allucinazioni, se il focolaio è in un’area sensoriale, che può essere generalizzato o parziale in base all’estensione.
Uno dei risultati dei ritmi cerebrali è il sonno, una fase reversibile di inattività cerebrale. Il sonno ha due tipi di fasi. La fase REM (rapid eye moviments) in cui si sogna, la muscolatura è completamente paralizzata (atonia) eccetto per occhi e orecchio interno ed è di breve durata. Le fasi non-REM, in cui si riposa profondamente e l’attività motoria è limitata a spostamenti per cambiare posizione, la temperatura scende insieme al metabolismo e al battito cardiaco. È costituito di 4 fasi: stadio 1, 5 minuti, sonno leggero; stadio 2, 5-15 minuti, presenza di complessi K e fusi del sonno; stadio 3, ritmi lenti e ampi scompaiono i movimenti; stadio 4, sonno profondo. La proporzione è 75% non-REM 25% REM. Un ciclo ultriadiano è un passaggio da non-REM a REM e di nuovo a non-REM la cui durata è 90 minuti.
L’attività onirica si presuppone sia un processo di attivazione-sintesi casuale dei neuroni pontini e consolidi la traccia mnestica.
Le zone cerebrali coinvolte nel sonno sono: 1) sistemi modulatori diffusi; 2) neuroni serotoninergici e adrenergici del tronco encefalico; 3) sistemi modulatori discendenti. La stimolazione del tegmento (una struttura lungo la linea mediana del tronco) aumenta la vigilanza e questa struttura fa parte di un sistema più ampio chiamato sistema reticolare ascendente attivatore. Oggi sappiamo che molti neuroni aumentano la loro scarica prima che ci svegliamo tra cui cellule noradrenergiche del coeruleus e quelle serotoninergiche del rafe. Quando ci addormentiamo i neuroni modulatori del tronco riducono la loro scarica ma possiamo osservare un sottoinsieme di neuroni colinergici che aumenta la frequenza di scarica in corrispondenza con l’addormentamento. L’adenosina ha un effetto inibitore sui sistemi modulatori.
Durante il sonno REM le zone extrastriate sono più attive che nella veglia.
Il comportamento animale è basato sui ritmi circadiani, cioè l’avvicendarsi di giorno e notte e dura all’incirca 24 ore. L’organismo si aggancia a stimoli ambientali detti Zeitgebers. I nuclei suprachiasmatici (NSC) ipotalamici si occupano della regolazione dei ritmi circadiani e sono innervati da afferenze delle retina. Le cellule dei nuclei scaricano ritmicamente anche in coltura, ma la ritmicità ha un’origine molecolare dovuta all’espressione di un gene.





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