La teoria di James-Lange originariamente formulata da William James venne ripresa ed ampliata da Carl Lange. il suo assunto principale è che noi sperimentiamo una emozione in risposta a dei cambiamenti fisiologici. In altre parole per questa teoria i cambiamenti fisiologici sono le emozioni. Nonostante questa teoria possa sembrare distante dalla realtà è lecito chiedersi se riusciremmo a provare rabbia in assenza dei correlati fisiologici a cui siamo abituati come battito accelerato o muscoli tesi.
La teoria di James-Lange venne ben presto attaccata, in particolare da Walter Cannon e successivamente da Philip Bard. Dalle loro osservazioni nacque la teoria di Cannon-Bard: secondo questa teoria è possibile provare emozioni senza necessariamente esprimerle fisicamente. A conferma di questo animali con la resezione del midollo spinale non presentano reazioni fisiologiche, ma continuano a provare emozioni inoltre non è più sostenuta l’idea che un singolo insieme di reazioni fisiologiche sottenda una particolare reazione emotiva.
Broca nel 1878 individua una rete di strutture cerebrali che ha chiamato lobo limbico. Successivamente Papez individua la sede delle emozioni nella parete mediale dell’encefalo e le viene dato nome circuito di Papez. Di questo sistema fanno parte il giro cingolato, fornice, ippocampo, talamo anteriore e ipotalamo. I due sistemi assieme sono chiamati sistema limbico.
Nel lobo temporale troviamo una struttura detta amigdala responsabile di paura e ansia. La resezione bilaterale dell’amigdala provoca la sindrome di Kluver-Bucy. Questa porta a cecità psichica, chi ne è colpito non riesce a riconoscere le cose alla vista, ma le mette in bocca più volte. Paura e ansia non si presentano di fronte stimoli ansiogeni. L’amigdala è composta da più nuclei: 1) nucleo centrale; 2) nuclei corticomediali; 3) nuclei basolaterali. L’amigdala è connessa all’ipotalamo attraverso la via amigdofuga e la stria terminale. Lesioni all’amigdala portano a non riconoscere espressioni di rabbia e paura nelle altre persone. La distruzione dei nuclei basolaterali portano a deficit nella paura e aggressività. Il nucleo centrale reagisce a stimoli che hanno provocato dolore attraverso il condizionamento classico. Non si può però far coincidere l’aggressività con la funzione dell’amigdala. Però possiamo distinguere l’aggressività in aggressività predatoria e aggressività affettiva corredate da comportamenti molto diversi. Nella prima il fine è l’uccisione del rivale, nella seconda l’atterrimento. Esperimenti molto invasivi in cani e gatti a cui è stato asportato il telencefalo producevano esibizioni eccessive di rabbia (falsa rabbia), togliendo anche l’ipotalamo questa spariva. Si suppone che l’ipotalamo posteriore svolga un importante controllo dell’aggressività e la corteccia inibisce o elicita il comportamento aggressivo. Stimolazioni all’ipotalamo mediale producono aggressività affettiva, mentre all’ipotalamo laterale aggressività predatoria.
L’ipotalamo laterale invia informazioni con il fascicolo longitudinale dorsale ed è connesso alla zona tegmentale ventrale del tronco encefalico attraverso il fascio proencefalico mediale. L’ipotalamo mediale invia assoni alla sostanza grigia periacqueduttale del mesencefalo.
Al pari, il neurotrasmettitore serotonina sembra implicato nel controllo dell’aggressività. Animali posti in isolamento presentavano un livello basso di serotonina e comportamenti più aggressivi. Si è scoperto che ratti con elettrodi impiantati nell’area settale centrale del proencefalo e attivati da una leva faceva sì che il topo continuasse a tirare la leva per autostimolarsi. I centri del piacere, nome fuorviante, oltre all’area del setto sono l’ipotalamo laterale, il fascio proencefalico mediale e l’ippocampo. Stimolazioni di zone laterali del mesencefalo portano a rinforzi negativi.
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