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sabato 13 dicembre 2014

Psicologia dell'apprendimento: teorie e forme dell'intelligenza

Le teorizzazioni dell’intelligenza in chiave differenziale, sulla scia delle indagini psicometriche, incontrano approcci unitari e multicomponenziali. Altre teorie si rifanno a studi più eclettici, di tipo globalistico o di teorie generali del funzionamento psichico.
L ‘approccio globalista è ateoretico, perciò non si contrappone a nessun orientamento. L’approccio prevede che alcune abilità siano più rappresentative dell’intelligenza e il loro successo è decretato dalla cautela misurativa. Le batterie Wechsler sono a tutt’oggi il test più utilizzato. Wechsler pragmaticamente raccolse e selezionò i test più attendibili del suo tempo, cioè quelli in stile Binet e quelli dell’esercito americano. Wechlser (1971) affermò che la sua batteria non ha alla base nessuna definizione di intelligenza e il test si limita a misurare abilità importanti considerate manifestazione dell’intelligenza, che è un quid globale, ma multideterminato e sfaccettato. Il test perciò è ispirato dalla metafora geografica, cioè che dato un territorio occupato dalle manifestazioni intelligenti, il test cerca di misurare i punti più salienti.
Per quanto riguarda le teorie unitarie si basano sul fatto che ad analisi comparative tra specie differenti e bambini di diverse età esista una differenza qualitativa di tutte le manifestazioni intelligenti. Alla base del comportamento intelligente, che prescinda un contenuto concreto, vi è una componente astratta e formale, logica. Spearman, prima ufficiale dell’esercito, poi psicologo, nel 1904 introdusse analisi statistiche correlazionali, una novità per l’epoca, in cui dimostrò che diverse variabili (punteggi di test, voti scolastici, impressioni) rimandavano ad un’abilità sottostante unitaria, da lui chiamata energia mentale. Gli psicometristi hanno battezzato poi il fattore unitario, fattore g, da generale. Nei test il fattore g viene isolato tramite algoritmi statistici da eterogenee prove intellettive. Thorndike (1987) ha condotto una ricerca in cui dimostrò che il fattore g ha una solidità statistica, in quanto individui sottoposti a test diversi e in diverse circostanze producono risultati stabili. Nel 2005 Stankov condusse una ricerca sul fattore g e i risultati sono ancora oggetto di dibattito. Se la batteria contenesse item sensoriali il fattore g spiegherebbe soltanto il 25% della varianza tra individui, mentre il fattore legato alle abilità sensoriali il 20%. Perché trascurare l’abilità sensoriale se spiega un quinto delle differenze individuali? Una critica rivolta alla teoria unitaria è molto pragmatica: come spiegare le differenze individuali in eccellenze che riguardano a domini specifici come tecnologia, matematica, musica etc. con un fattore generale? Ancora, come può un valore statistico avere un significato psicologico? Esistono tuttavia dei test, le matrici di Raven, che danno un’idea operazionale del fattore g. Altre critiche all’identità del fattore g col ragionamento logico presuppongono un livello più primitivo dal quale emerge il ragionamento logico. È stato argomentato che il successo del ragionamento logico dipende dalla capacità della memoria di lavoro e l’inibizione degli elementi disturbanti.
Ritenere che il ragionamento logico non sia centrale, ma esistano più manifestazioni dell’intelligenza introduce alle teorie multicomponenziali. Già Spearman veniva criticato per ridimensionare aspetti specifici, i detrattori lo tacciavano di  ridurre la complessità effettiva con un fattore avulso dai contesti della vita di tutti i giorni. D’altronde è difficile incontrare individui che manifestano intelligenza in tutti i campi delle attività umane, anzi è possibile incontrare individui eccellenti in campi specifici e normali in altri. Thurnstone (1938) propose una teoria antiunitaria avvallata da un test ancora utilizzato (Primary mental abilities, PMA) che valuta le abilità primarie comprensione verbale, fluenza verbale, abilità numerica, memoria, velocità percettiva, ragionamento e visualizzazione spaziale. È stato riscontrato che l’intelligenza spaziale è una forma particolare di intelligenza indipendente dalle altre. Al giorno d’oggi però la classificazione delle intelligenze di Thurnstone è opinabile, di fatto sono emerse altre classificazioni e molte altre scale spesso non comparabili.
Le teorie multicomponenziali contemporanee sono meno ambiziose di quelle passate e per questo più accettabili. Lo psicologo di Yale Sternberg (1996) suggerisce di dividere le manifestazioni intelligenti in analitiche, pratiche e creative. Studiosi successivi considerano primarie anche la capacità di gestire le emozioni (intelligenza emotiva) e la capacità di relazionarsi con gli altri (intelligenza sociale). Di sicuro la teoria dello psicologo di Harvard Gardner è molto più ambiziosa. Nel 1983 pubblica il volume Frames of Mind in cui mette in relazione i simboli interpretabili dalla mente con vari tipi di intelligenza forte delle riprove cognitivo-neuropsicologiche di individui eccezionali o molto carenti nelle forme di intelligenza da lui individuati. Nella teoria di Gardner trovano spazio campi specifici mai presi in considerazione dagli studiosi precedenti, come l’intelligenza musicale e l’intelligenza corporea-cinestetica.
Come accennato il proliferare delle teorie multicomponenziali ha portato anche l’individuazione di molte intelligenze. Alcune rimangono costanti come intelligenza verbale, numerica, spaziale e corporea, ma le altre investono su livelli complessi e non si può spiegare come forme di intelligenza superiore siano trasversali a contenuti differenti. Inoltre le teorie multicomponenziali non riescono a spiegare come un deficit al ragionamento logico possa essere così menomante per l’individuo. In alcune occasioni gli studiosi si sono giustamente mossi contro un’idea statica e rigida della mente e hanno valorizzato delle competenze che differenziano individui, però hanno assegnato “intelligenza” a quella competenza specifica. Esiste un’intelligenza emotiva? Alcuni individui sono in grado di capire e di controllare le proprie emozioni, altri, ad esempio gli autistici, sono seriamente in difficoltà. Esiste un’intelligenza sociale? Esistono individui che sanno immedesimarsi nell’altro e dire la cosa giusta al momento giusto e socializzare con molta maestria, ma fino a che punto si differenzia dall’intelligenza emotiva?
Una forma di intelligenza che ha un rapporto più stretto con l’attività cognitiva è la creatività, la capacità di produrre nuove idee appropriate al contesto e di alta qualità. Sternberg suggerisce che esistano dei tratti che caratterizzino gli individui creativi. Conclude che le forme più alte di creatività si distinguono da forme elevate di intelligenza. Propone creatività e intelligenza come due poli dialettici all’interno dell’individuo, mediati dalla saggezza.
Quando il dibattito sulle teorie unitarie e multicomponenziali arrivò ad un’impasse venne proposta un’alternativa che garantiva un ottimo e credibile compromesso. Le teorie gerarchiche dell’intelligenza prevedono che esistano varie manifestazioni dell’intelligenza, ma queste non sono scollegate tra loro, bensì organizzate in strutture che vanno dal generale allo specifico. Vernon pubblica nel 1950 il volume The structure of Human Abilities ed è un tentativo di creare una struttura gerarchica di abilità collegate all’intelligenza e vengono menzionate due principali abilità: verbale educativa e percettiva spaziale. Carrol nel 1993 propone una teoria che prevede tre strati basata su un’analisi su una popolazione molto ampia. Il primo strato è il fattore g, il secondo prevede otto tipi di intelligenza e a seguire un terzo strato con sottoabilità specifiche per ogni tipo di intelligenza. Horn e Cattel (1996) hanno proposto una distinzione tra intelligenza fluida e cristallizzata. La prima, oggi considerata più centrale dell’altra, riguarda alla capacità della mente di operare su determinati contenuti, anche senza mai averli esperiti in precedenza. L’intelligenza cristallizzata, invece, è riferita alla capacità della mente di gestire situazioni attraverso la cultura e la familiarità coi contenuti. Per gli autori l’intelligenza fluida è la condizione dell’intelligenza cristallizzata (investment theory) , perché la prima consentirebbe di acquisire la seconda attraverso la mediazione culturale. Di fatto l’intelligenza fluida tende a decrescere con l’incalzare dell’età e l’anziano, per il deterioramento delle strutture cognitive, vivrebbe di rendita con l’intelligenza cristallizzata accumulata nel corso della sua esperienza, ma si troverebbe in difficoltà in situazioni non familiari.

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