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sabato 13 dicembre 2014

Psicologia dello sviluppo: difficoltà di apprendimento e handicap

Verso una terminologia adeguata e condivisa

I termini utilizzati per denotare scientificamente un disturbo nella sfera psicologica e non diventa ben presto connotato da significati popolari offensivi, quindi spesso ci si ritrova a doverli ridefinire. Il processo culturale sta facendo in modo di valorizzare l’individualità di tutte le persone per cui i termini per denotare le difficoltà individuali tendono a non identificare la persona con il suo handicap. Oggi ci si riferisce ad una persona portatrice di handicap con “in situazione di handicap” in modo da far risaltare la componente di difficoltà incontrata, come un fardello da portare. Menomazione, disabilità e handicap non si riferiscono alla stessa entità. Una menomazione è una perdita o anormalità di una struttura o funzione psicologica, fisiologica o anatomica (gambe). A causa di una menomazione o più si può avere una disabilità, cioè una carenza o mancanza a livello prestazionale di una determinata attività (deambulare). A causa di una disabilità si può avere una situazione di handicap, cioè una difficoltà con effetti negativi di una persona inserita in una comunità (salire le scale del municipio).
Le categorie in cui è diagnosticabile un intervento sono quattro e possono descrivere anche tutte insieme la situazione di un individuo. Difficoltà di apprendimento, difficoltà relazionali, svantaggio socioculturale e situazione di handicap.

Difficoltà e disturbi di apprendimento

I disturbi di apprendimento sono variegati ed è difficile individuare dei casi puri, nella realtà spesso ci si trova con disturbi e altre difficoltà dovute a svantaggio socio-culturale o altro ancora. L’incidenza di disturbi dell’apprendimento è di circa il 6% o 8%.

Difficoltà di lettura, di scrittura e di comprensione del testo

I disturbi legati alla scrittura sono legati a carenze a livello motorio o nell’orientamento spazio-temporale o nella motricità fine che a carenze linguistiche. Altri disturbi riguardano all’ortografia.
Per quanto riguarda la lettura si ha dislessia fonologica quando le difficoltà sono di conversione grafema-fonema. La dislessia superficiale o morfologico-lessicale è caratterizzata da prestazioni migliori con parole senza senso, cioè legate da un significato semantico da ricercare nei magazzini fonologici-semantici.
Per quanto riguarda la difficoltà di comprensione, la persona soggetta a questo disturbo non riesce a collegare il significato delle frasi e a comporre testi anche se non ha deficit specifici alle facoltà cognitive.

Difficoltà e disturbi nell’apprendimento matematico

Il disturbo di difficoltà di apprendimento in matematica incide sull’1% della popolazione. L’insegnante incaricato nell’assistenza del soggetto deve avere una preparazione specifica per quanto riguarda il versante psicologico. È da appurare che non coesista con disturbi meno specifici dell’apprendimento, come comprensione del testo e dislessia. È opportuno insegnare all’allievo come controllare la propria mente e farlo riflettere sul proprio pensiero.

Difficoltà a livello linguistico

L’incidenza in età prescolare è molto alta, fino al 6%, poi tenderebbe a scendere al 2%. I problemi principali si riscontrano nel linguaggio espressivo con deficit nel lessico, nella sintassi, omissione di parole etc. Da distinguere in particolare il farfugliamento, un eloquio molto rapido e scarsamente comprensibile, e la balbuzie, cioè l’allungamento e la ripetizione di sillabe (molto più frequente nei maschi).
Disturbi a livello di coordinazione motoria
Il disturbo spesso coesiste con altri deficit linguistici ed è chiamato disprassia o disturbo della coordinazione motoria. Le cause possono essere neurologiche e si può evidenziare quando il soggetto deve legarsi le scarpe, abbottonarsi i vestiti etc.

Disturbi non-verbali

Questi soggetti possono avere carenze a livello di memoria di lavoro visuo-spaziale. In altre parole quando devono lavorare con spazi e immagini. Altri preferiscono parlare di sindrome non-verbale quando sono carenti le prestazioni sociale ed emotive.
Disturbo di attenzione e/o iperattività
I soggetti sono caratterizzati da distrazione, iperattività e impulsività. La situazione si mostra quando è necessaria elevata concentrazione e può rendere difficile il rapporto con gli altri per la mancanza di attenzione verso l’altro e l’impulsività. Insuccessi scolastici possono provocare danni a lungo termine.

Difficoltà relazionali

La considerazione dei contesti interattivi in cui si manifestano le difficoltà relazionali permette di evidenziare che esse non sono un tratto stabile e sempre presente nella personalità dell’individuo, ma la risposta di un individuo dà ad una particolare rete di relazioni. Molteplici sono anche le cause. La causa principale è ritenuta la sfera familiare, spesso legata a contesti di svantaggio socio-culturale.
Per quanto riguarda i comportamenti aggressivi è difficile trovare una causa univoca, in genere sono plurideterminati e tendo a più fini. Per analizzare un comportamento aggressivo ci si orienta tra queste dicotomie: attivo/passivo, diretto/indiretto, fisico/verbale, eterodiretto/autodiretto, rivolto alle persone/alle cose. I modelli prevedono che l’aggressività sia una componente innata della psiche e in particolare al modello Dollard Miller un atto aggressivo è causato da frustrazione. Un quarto modello prevede che le cause siano anche ambientali, per cui l’aggressività è posta in essere per raggiungere un fine senza frustrazione alla base.
La depressione è una seconda fonte di problemi relazionali. Il soggetto risente di sensi di colpa e bassa autostima, con tendenza a rimuginare episodi depressogeni. Soggetti depressi controllano con difficoltà episodi di aggressività eterodiretta.

Svantaggio socioculturale

Come abbiamo visto in precedenza lo svantaggio socioculturale è il sostrato che favorisce difficoltà di altri tipi. Lo svantaggio socioculturale è di tre tipi: per carenza familiare, differenza culturale città/campagna, conseguente all’emigrazione. Lo svantaggio socioculturale quindi può essere visto come un una costellazione di cause dovute a carenze e a differenze. Quando ci sono differenze sul piano valoriale possono sorgere contrasti sul piano etico. Gli insegnanti spesso hanno più pregiudizi verso situazioni di svantaggio socioculturale che di handicap.
Situazioni di handicap
Il 2% della popolazione in età minore è in situazione di handicap.

Deficit visivi, uditivi e motori

I deficit visivi di grossa entità si possono riscontrare nello 0,04 per mille della popolazione infantile. Questi soggetti hanno necessità di accessori molto sofisticati per avere una visione apprezzabile. Le cause possono essere rintracciate nella genetica, farmaci o la contrazione della rosolia della madre nella gravidanza. Nei primi anni di vita la cecità comporta deficit nella coordinazione motoria. Questi bambini hanno molto bisogno di essere affiancati e incoraggiati.
I deficit uditivi sono più frequenti dal 0,008 allo 0,02% della popolazione. Tra i deficit uditivi si conoscono due categorie di ipoacusie. Se è colpito l’orecchio esterno o medio si dice ipoacusia conduttiva, se invece sono altri elementi l’ipoacusia è percettiva. Tra le cause vi sono fattori ereditari, otite, medicinali o malattie durante la gravidanza. Spesso il deficit uditivo viene scoperto in ritardo è il bambino matura una capacità linguistica minore perché appunto non sente. I genitori spesso scoprono il deficit uditivo del figlio per ritardi nello sviluppo del linguaggio. I bambini sordi tendono ad essere impulsivi e le risposte vaghe e superficiali per cui il bambino con difficoltà uditive entrare in relazioni sociali favorisce lo sviluppo di autostima, motivazione e moralità.
I deficit motori gravi sono dovuti a paralisi cerebrali e sono classificati in base al tipo di disturbo motorio o la sua distribuzione topografica. Nel primo caso si parla di forme spastiche o forme rigide, nel secondo casi di paraplegia o tetraplegia. Le cause possono essere uno sviluppo anormale del feto, traumi, infezioni etc. Accanto alle difficoltà motorie sono presenti deficit sensoriali, linguistici, intellettuali e/o eventi epilettici. L’intervento alla famiglia non si limita al solo sostegno psicologico-educativo, ma anche intensi programmi riabilitativi.

Ritardo mentale

Con ritardo mentale si intende un deficit in molte aree cognitive critiche con QI inferiore a 70. In questa condizione si trovano in media l’1% / 2,5% della popolazione. Basandosi sul QI si hanno 4 livelli di ritardo: lieve (55 a 70), moderato (40-55), grave (25-40), profondo (<25). Le cause sono di origine genetica come sindrome di Down e altre anomalie cromosomiche, malattie o assunzione di farmaci, alcool, droga, tabacco durante il parto. Tra i rischi post-natali si possono citare avvelenamenti, malattie, tumori cerebrali e incidenti cerebrovascolari. Anche gravi carenze nel livello educativo socio-culturale, ma in minoranza.
Nevrosi, psicosi e autismo
Gli studiosi non sono concordi sui disturbi socio-affettivi della personalità però nella suddivisione sono sostanzialmente d’accordo nelle categorie stati reattivi, nevrosi e psicosi. Negli stati reattivi vi è una difficoltà nell’adattamento all’ambiente, ma la personalità è sostanzialmente sana. Nelle nevrosi l’individuo manifesta risposte inadeguate in contesti normali. Secondo la psicoanalisi in questo caso il conflitto è all’interno dell’individuo. Gli interventi mirano ad una ristrutturazione della personalità. Nelle psicosi la gravità della situazione è dovuta ad un scarso rapporto con la realtà da parte del soggetto.
Per quanto riguarda le nevrosi i sintomi fondamentali vengono così distinti: fobie, pensieri coatti, azioni coatte, anomalie nelle funzioni motorie e sensoriali. Possono essere presenti stati depressivi più o meno intensi. La fobia è una paura particolarmente forte prodotta da oggetti o luoghi o situazioni particolari. Le nevrosi caratterizzate da paure vengono spesso chiamate isterie. Azioni o pensieri coatti si hanno quando un individuo evita l’ansia con la ripetizione prolungata di alcuni comportamenti stereotipati (compulsioni). Si può assistere anche a sintomi somatizzati. L’individuo nevrotico è consapevole che qualcosa non funzioni.
Una psicosi infantile è l’autismo. Uno scarso o inesistente interesse per la socializzazione, la comunicazione e quasi tutte le attività, tranne alcuni che vengono protratte in continuazione. Gli studi più famosi sono quelli della Mahler e della Frith. Nella prima l’autismo insorgerebbe per motivi inerenti al rapporto madre-figlio e differenzia l’autismo dalla sindrome simbiotica. Nel primo il soggetto è come non riconoscesse il mondo esterno nella sua alterità e complessità. Riesce a malapena ad avvertire il dolore fisico. Nella sindrome simbiotica la regressione è di minore entità, ma ogni mancanza della madre è vissuta con forte panico. Frith ha un approccio cognitivo e considera l’autismo prodotto da cause biologiche e afferma che è impossibile che un bambino divenga autistico perché non è stato amato a sufficienza dalla madre come vorrebbe la Mahler. Per questa studiosa vi sarebbe una scarsa capacità di mettere in relazione le informazioni provenienti dal mondo. Grave deficit è quello nel non avere una teoria della mente e quindi di non riuscire a interpretare le intenzioni altrui.

La famiglia del minore in situazioni di handicap

La nascita di un figlio portatore di handicap comporta uno shock per la madre e la famiglia. La madre vive una ferita narcisistica. Di seguito sono necessarie informazioni sulla nosografia del tipo di deficit. Non si riportano gravi conseguenze sui fratelli sani con in famiglia fratelli in situazione di handicap. L’intervento più fruttuoso è stato attuato educando la madre ad affrontare le difficoltà della situazione del figlio. Interventi prescolari in strutture non hanno dato risultati prolungati, ma un temporaneo 10% in più in prestazioni.
Gli atteggiamenti nei confronti delle persone in situazione di handicap
Lo studio degli atteggiamenti degli insegnanti verso allievi in situazione di handicap è iniziato ad essere integrato intorno agli anni 70. Sono emersi stereotipi negativi e interventi possono ridurre la quantità di atteggiamenti negativi. Le variabili più importanti sono la personalità dell’insegnante, le caratteristiche dell’handicap e la diversa esperienza specifica. Per quanto riguarda i compagni di scuola sarebbero i più giovani e le femmine a mostrare meno pregiudizio.  In sostanza più conoscenza scientifica e più conoscenza diretta migliorano l’atteggiamento nei confronto di allievi in situazione di handicap.

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