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domenica 21 dicembre 2014

Psicologia politica: conoscenze e atteggiamenti politici

L'esperimento di Granberg [1993] consistette nel chiedere ad un campione di elettori di Dukakis e di Bush il loro atteggiamento nei confronti di alcuni temi politici. La scala a 7 punti poteva essere letta come posizione progressista (1) o conservatrice (7). Di seguito venne chiesto di compilare lo stesso questionario, ma riguardo all'atteggiamento del candidato verso gli stessi temi. I risultati dimostrano come si tenda ad assegnare al candidato preferito gli stessi propri atteggiamenti (assimilazione), mentre all'avversario atteggiamenti opposti (contrasto).
Questo effetto è di tanto maggiore quando il cittadino viene chiamato a giudicare un tema che non conosce: le persone dopo essere venute a conoscenza della posizione del proprio partito non esprimono il loro giudizio in funzione dei contenuti della proposta, ma a modificarlo in relazione alla posizione del proprio partito preferito [Cohen 2003]. Così la tendenza ad assimilare la propria posizione a quella del partito può portare ad essere ostili ad un tema politico qualora, senza aver conosciuto la posizione del partito, si sarebbe stati favorevoli.
Da un punto di vista del partito è necesario valutare quanto il proprio elettorato è in linea con i temi proposti.

La sofisticazione politica o expertise, intesa come misura delle conoscenze politiche del soggetto, porta secondo Zeller [1992] alla conservazione e alla tendenza alla verifica intorno alle informazioni ambigue. Oltre all'expertise a produrre una distorsione sistematica delle informazioni secondo Tajfel e Turner [1986] contribuisce l'identità di gruppo del soggetto, tanto è più necessario ribadire la propria appartenenza ad un gruppo tanto più si è disposti ad accordarsi con le posizione assunte del gruppo, anche se estreme.

Per lungo tempo l'attenzione della psicologia verso la politica (e verso l'uomo in generale) è stata rivolta alla parte fredda della cognizione. Però si parla di passione politica e questo permette di comprendere quanto siano importanti le emozioni e i sentimenti in ambito politico. Intorno agli anni 2000 l'interesse si è rivolto verso la hot cognition [Lodge e Taber 2005].
In effetti esiste una euristica affettiva che prende come informazione le emozioni suscitate da un candidato politico. È stato più volte dimostrato che suscitare un'emozione negli elettori può essere uno strumento persuasivo molto più potente di argomentazioni e ragionamenti razionali.
Lo scarso interesse verso le emozioni è in parte dovuto al fatto che sia molto difficile definirle e misurarle, la stessa sorte toccò all'umore (mood) che può essere una sensazione diffusa senza un particolare oggetto di riferimento. A parte la volatilità delle emozioni, è eticamente problematico indurre un soggetto ad esperire un'emozione anziché un'altra e quindi l'unico sistema per misurare un'emozione è stato il domandare indiretto o la misurazione, sempre indiretta, di correlati fisiologici come sudorazione e battito cardiaco. Di recente la ricerca neuroscientifica però ha aperto la strada ad una ricerca delle emozioni direttamente nel sostrato neurofisiologico.
Tradizionalmente per l'Occidente l'emozione e il sentimento sono stati posti come antitetici alla cognizione, tanto che la razionalità perfetta è raggiunta senza emozioni. Oggi si crede che emozione e cognizione siano due modi alternativi di esperienza del mondo e le emozioni non ostacolano sempre la cognizione, certe volte la favorisce.
Le ricerche suggeriscono che ad uno stato affettivo positivo prevalga l'attenzione diffusa, l'elaborazione superficiale, mentre per lo stato affettivo negativo l'attenzione è ristretta allo stimolo e l'elaborazione approfondita, le rappresentazioni in assetto negativo sono difficilmente modficabili. A quanto pare il ruolo dell'emotività è cruciale nel processo decisionale.
Marcus, Neuman e MacKuen [2000] propongono la teoria dell'intelligenza affettiva per la quale l'attivazione del modo di elaborazione dell'informazione politica è dipendente dal contesto generale e politico. I sistemi sono due: a) sistema disposizionale, attivato nel caso di informazione routinaria che può essere tradotta in felicità e tristezza dipendentemente alla propria identificazione ideologica, l'informazione è elaborata superficialmente; b) sistema di sorveglianza, attivato di fronte ad informazioni nuove o impreviste, suscita ansia e uno stato d'allerta, ne deriva una elaborazione approfondita. L'ansia dunque risulterebbe essere la determinante dell'elaborazione approfondita, secondo alcuni [Ladd e Lenz 2011] l'ansia fa tendere alla razionalizzazione delle proprie preferenze politiche con argomentazioni ex post di scelte già fatte in precedenza.

I già citati Lodge e Taber [2005] concordano con la loro teoria del ragionamento motivato che la cognizione fredda sia una fase posteriore al suscitamento di emozioni. Quindi non è la situazione nuova o imprevista in sé a scatenare l'elaborazione approfondita, ma l'ansia che si sviluppa. A differenza di Marcus, Neuman e MacKuen, Lodge e Taber hanno condotto ricerche sperimentali.
Le assunzioni di fondo sono:
a) tutte gli stimoli politici sono connotati emotivamente (ipotesi della hot cognition);
b) la connotazione emotiva si attiva automaticamente non appena esposti allo stimolo;
c) lo stato affettivo influisce sulla percezione degli stimoli successivi.

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