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domenica 21 dicembre 2014

Psicologia politica: identità sociopolitica

L'identità individuale per la teoria dell'identità sociale [Tajfel 1981] può essere distinta in una dimensione personale (caratteristiche idiografiche che distinguono un individuo) e in una dimensione sociale (caratteristiche che derivano dall'appartenenza ad un contesto sociale).
Entrambe le dimensioni sono presenti contemporaneamente nella stessa persona e, a seconda del contesto, diventano salienti. Quindi si parla di un continuum tra identità personale e identità sociale.
Secondo Tajfel l'identità sociale è quella parte dell'immagine di sé che deriva dalla consapevolezza di appartenere ad uno o più gruppi sociali, unita ad il valore ed al significato emotivo attribuito a tale appartenenza. Dalla definizione deriviamo l'importanza della percezione di appartenenza, l'identità sociale multipla. Vengono definiti attributi "criteriali" dell'identità sociale quei comportamenti, convinzioni ed emozioni che sono connatati valutativamente e che è cruciale condividere con altri membri del gruppo per poter confermare ed esporre l'identità (es. Maglietta del tifoso, un gergo peculiare, ecc.). Come per l'atteggiamento è possibile scomporre l'identità sociale in una componente cognitiva – conoscenza dell'appartenenza ad un gruppo in chiave di categorizzazione –, una componente affettiva e una componente valutativa.
Il gruppo al quale si appartiene è l'ingroup, mentre il fuori è l'outgroup. Più si è in presenza dell'outgroup più è saliente l'identità sociale dell'ingroup. I sistemi ingroup-outgroup sono connaturati al nostro modo di pensare: la categorizzazione. Questo è un processo di semplificazione e sistematizzazione della realtà con il fine di migliorare l'adattamento alla realtà stessa. La differenziazione intracategoriale – tendenza ad accentuare le differenze tra i membri della stessa categoria – e l'assimilazione intracategoriale – tendenza ad accentuare le somiglianze tra i membri della stessa categoria – sono distorsioni dovute al processo di categorizzazione sociale. La cosa della valutazione della categorizzazione sociale sono i tratti di personalità i quali vengono attribuiti al gruppo. L'assimilazione intracategoriale porta agli stereotipi e Tajfel [1981] parla di effetto di omogeneità dell'outgroup in quanto più probabile che tale distorsione si verifichi con i membri dei gruppi diversi dal proprio.
Le ipotesi motivazionali dell'appartenenza ad un gruppo sono:
A) ipotesi della riduzione dell'incertezza: costruzione di una immagine di sé e del mondo sicura con modelli chiari e ben definiti;
B) principio dell'autostima: ottenere e mantenere un concetto di sé positivo.
Da queste due ipotesi si è giunti al principio di distintività positiva: le caratteristiche di un gruppo emergono in rapporto alla percezione della differenza delle caratteristiche di altri gruppi ed al valore ad essi assegnato. Pare perciò che per i membri del gruppo sia importante mantenere una immagine positiva del gruppo di appartenenza per poter avere una immagine positiva di sé. La discriminazione dell'outgroup e il favoritismo verso l'ingroup verrebbe spiegato dalla ricerca di una identità positiva.
Turner [1985] propone la teoria dell'autocategorizzazione del Sé e sostiene che le persone si identifichino in un gruppo per avere un'immagine di sé nitida anche se non positiva (principio di distintività). L'autocategorizzazione sarebbe un processo dinamico attivato in base alla salienza di una certa appartenenza nel contesto. Le persone per categorizzare se stesse utilizzano una gerarchia di appartenenze scalando nell'astrazione. La categoria sovraordinata è il genere umano (identità umana), il grado intermendio è nell'appartenenza cateogoriale (identità sociale) e infine la propria singolarità (identità personale). Quando si astrae l'appartenenza avviene un processo di depersonalizzazione in cui viene a mancare la propria unicità per diventare un prototipo categoriale del gruppo in cui si è intenti a percepirsi appartenenti.
Il fatto che ognuno abbia identità sociali multiple non fa sì che siano tutte attive contemporaneamente ma che siano salienti, ossia accessibili, quando per rilevanza soggettiva o cronica tale identità è centrale per gli obiettivi – ed è caratterizzata da una certa stabilità –; o per rilevanza situazionale.
Più precisamente l'identità sarà saliente qualora in un dato momento essa sia adeguata.
Si parla di adeguatezza comparativa quando l'insieme di stimoli diversi viene categorizzato come un'unica entità, se le differenze percepite tra questi stimoli sono inferiori alle differenze percepite tra l'insieme di stimoli e altri insieme di stimoli in un contesto comparativo (principio del metacontrasto) (ad esempio un gruppo di mele di diverso colore mi sembra più un gruppo unito di un insieme di mele e pere e quest'ultimo mi sembra di più un gruppo unito rispetto ad un insieme di mele e martelli). Si parla invece di adeguatezza normativa: le categorie differiscono tra loro in modo coerente con le credenze socialmente condivise circa quelle categorie.
Parlando di identità multiple non si esclude che queste siano in qualche modo collegate tra loro e in questo caso si parla di identità inclusive. Queste identità si differenziano rispetto a tre dimensioni principali [Ashfort e Johnson 2001].
1. inclusività-esclusività: le identità di ordine superiore sono maggiormente inclusive e quelle inferiori sono esclusive.
2. astrattezza-concretezza: le identità più inclusive sono anche più astratte.
3. distanza-vicinanza: le identità più inclusive e più astratte appaiono più distanti nel senso che il loro impatto sull'individuo sembra essere più indiretto.
Le identità di ordine inferiori sembrano essere più salienti per le persone perché i gruppi inferiori vengono considerati più frequentemente come primari, tendono ad essere percepiti come omogenei, soddisfano bisogni di assimilamento al gruppo e al contempo di differenziazione (teoria della distintività ottimale).
Nonostante questo in ambito politico sono le identità inclusive di ordine superiore ad essere chiamate in causa e perciò sono di centrale importanza.
Le ricerche di Campbell sull'identificazione con il partito [1960] hanno subito nel corso del tempo critiche e disconferme. Nonostante questo l'identificazione è un importante predittore della scelta di voto e dell'azione collettiva. Nel caso dei militanti di destra [Castellani 2005] sono emerse tre identità inclusive: identità ideologica, identità di partito, identità di sottopartito. Rispondere con l'identità ideologica è in un certo modo la strategia per riuscire a dare una continuità alla propria identità. Per quanto riguarda l'elettore possiamo distinguere identità ideologica, identità di coalizione e identità di partito. Nel caso italiano è possibile notare una maggior relazione tra identità ideologica e centrosinistra e identità di partito e di coalizione con il centrodestra.
Sherif [1966] propose la teoria del conflitto realistico. Per l'autore l'assetto competitivo intergruppo è dovuto agli interessi in gioco e l'interdipendenza cooperativa si verifica qualora venga posto uno scopo superordinato. Con lo sviluppo della teoria dell'identità sociale e attraverso la scoperta dei gruppi minimi si scoprì che non era necessario porre un'interesse in gioco per provocare la competizione, basta solo il bisogno di acquisizione e mantenimento di una identità sociale positiva. Con questa ipotesi teorica si inferisce che l'insorgenza dell'irrigidimento del gruppo sia inevitabile per le condizioni:
1) incertezza: le persone hanno bisogni di sentirsi certe del loro mondo e del posto che vi occupano. L'autocategorizzazione offre un modo per ridurre questa incertezza ed evocare un prototipo, una media idale del membro tipico del gruppo, che descrive e prescrive il comportamento appropriato per i membri del gruppo. Ciò significa che l'incertezza è ridotta maggiormente da quei gruppi che offrono prototipi fortemente prescrittivi e si distinguono chiaramente dagli altri.
2) minacce all'identità: tende a forzare la differenziazione verso l'outgroup;
3) differenze di status: le relazioni intergruppi sono nella maggior parte dei casi sbilanciati in termine di potere e status e anche coloro che non sono personalmente minacciati possono reagire alla sola percezione di essere minacciati.

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