Il teatro ha risentito dell'avvento di nuove forme di intrattenimento come il cinema e la televisione. Il teatro esiste solo nella percezione partecipata in cui lo spettatore mette in scena la sua comprensione. La caratteristica unica del teatro è la presenza contemporanea di attore e spettatore, nell'hic et nunc, mediante il canale scenico.
Non esiste infatti spettacolo senza spettatore che lo definisca, e viceversa. Da una parte c'è la produzione dello spettacolo e dall'altra il suo consumo. La mancanza del consumo fa sì che il teatro perda il suo valore di pratica comunicazionale, per collocarsi nel piano della lettura.
Molte sono le discipline che si occupano di teatro, ma in questa analisi ci si occuperà dello spettatore, per quanto concerne l'andare e lo stare al teatro. Gli elementi moderni del teatro sono le regole del silenzio e dell'attenzione. Altri elementi, come il buio in teatro, non sono patrimonio teatrale da sempre: ogni periodo storico si caratterizza per le norme di condotta.
1. La semiotica teatrale e lo spettatore modello
L'analisi semiotica del teatro si fa risalire al Circolo linguistico di Praga. Sulla base dello strutturalismo saussuriano, Elam (1980) parla di "performance text", De Marinis (1982) di "testo spettacolare".
Kowatz propone due requisiti basilari della comunicazione teatrale:
1. compresenza fisica reale di emittente e destinatario (di norma collettivo);
2. simultaneità di produzione e comunicazione.
Gli ambiti di studio della semiotica teatrale riguardano le regolarità interne del testo spettacolare (aspetti contestuali) e i rapporti con gli altri testi della cultura (contesto spettacolare), giungendo alla studio della relazione delle condizioni di produzione e ricezione (contesto spettacolare).
Lo "spettatore modello" è l'ideale recettore del testo spettacolare e vengono rilevate le zone entro le quali il ricevente reale potrà costruire il proprio punto di vista. Si viene così a sapere che ogni spettacolo ha un proprio spettatore modello, e si potranno così avere "spettacoli chiusi" e "spettacoli aperti".
2. L'approccio sociologico al teatro
Esistono diversi approcci:
- una sociologia che si occupa delle connessioni fra teatro e vita quotidiana intesa come rappresentazione: il theatrical frame di Goffman (1969);
- una sociologia della produzione drammatica, del theatrum mundi (Duvignaud, 1969) che si occupa di attori e compagnie, contenuti drammatici e funzioni del teatro;
- una sociologia della comunicazione teatrale (Valli, 1982; De Marinis, 1988), che ha identificato i due poli della relazione teatrale: le strategie produttive e le strategie riproduttive.
La sociologia della ricezione teatrale (Meldolesi, 1986) si è occupata delle funzioni della comunicazione teatrale: la comunicazione linguistica può essere di tipo mediatrice o di tipo formale. Il primo tipo evoca con segni analogici percezioni, rappresentazioni e azioni, il secondo tipo è fruito di per se stesso come tale.
L'indagine delle strategie ricettive di De Marinis distingue al suo interno:
1. i processi che compongono l'atto ricettivo teatrale: percezione, interpretazione, emozione, valutazione, memoria;
2. i risultati di tale atto, intesi come la comprensione che lo spettatore ha di uno spettacolo;
3. i presupposti dell'atto ricettivo, come le conoscenze generali, teatrali ed extrateatrali, degli spettatori, scopi interessi, motivazioni, spazio fisico, qualità dei rapporti con gli altri.
3. La fruizione teatrale moderna
I rappresentati del "nuovo teatro" moderno del Novecento sono Antonin Artaud, Bertold Brecht e Jerzy Grotowsky.
3.1 Lo spettatore del teatro della crudeltà di Anonin Artaud
Il teatro di Artaud è un'esperienza di vita che deve cambiare gli attori e gli spettatori. Lo spettacolo artaudiano è altamente formalizzato e metafisico. Attraverso il teatro totale cercava di raggiungere l'uomo totale. Era molto difficile nel 1926-1928 trovare uno spettatore preparato, che fosse capace di comprendere e reagire ad una rappresentazione ridicola e insignificante. La sensibilità richiesta allo spettatore doveva portarli ad accettare un'avventura magica.
Artaud parla del teatro della crudeltà dove lo spettatore è al centro e lo spettacolo lo circonda. Attraverso forze irrazionali il corpo dell'attore è capace di penetrare l'inconscio del pubblico e costringerlo a partecipare attivamente ed emotivamente, così da innescare un processo catartico nei confronti di tutto ciò che è latente e di norma espresso con violenza. Il teatro della crudeltà dovrebbe essere come la peste, avere una funzione di contagio. L'attore è l'appestato che cerca di coinvolgere la collettività colpendola e facendola gridare, facendone una comunità di malattia, in cui la malattia ha una funzione liberatrice, come la morte e la rinascita. In questo teatro lo spettatore è un attore dello spettacolo abolendo il tradizione diaframma posto nel canale scenico.
3.2 Lo spettatore del teatro epico di Bertold Brecht
Per Brecht il teatro moderno è teatro epico. La lettura teatrologica della produzione brechtiana va collocata all'interno della teoria marxista del mondo, per cui il teatro è un propugnatore dell'idea di cambiamento sociale. Lo spettatore del teatro epico è un osservatore e l'attore è il mediatore tra lo spettatore e l'evento. Lo spettacolo brechtiano è frammentato, perciò non appartiene alla tradizione aristotelico-drammatica in cui lo spettacolo contiene scene interdipendenti che portano ad un finale. Ogni frammento chiama in causa la comprensione dell'osservatore che potrà scegliere e appropriarsi del comportamento e portarlo nella quotidianità. Il teatro epico di Brecht mostra eventi da contemplare in lontananza, distanza essenziale per rendere possibile il processo di conoscenza con distacco, appunto, e in modo critico.
3.3 Lo spettatore del teatro povero di Jerzy Grotowsky
Grotowsky, nel suo scritto Per un teatro povero, denuncia la sterilità del Teatro Ricco e espone come giunge a pensare ad un Teatro Povero. L'errore è per l'autore quello di cercare ad assomigliare ad una produzione cinematografica o televisiva, può esistere un teatro senza costumi e scenografie? Senza musica e commenti? Senza effetti di luce? Senza testo? Sì, il teatro non può fare a meno solamente del rapporto tra attore e spettatore.
Lo spettatore grotowskiano non è uno spettatore qualsiasi, ma uno che nutre autentiche esigenze spirituali e che desideri autenticamente auto-analizzarsi per mezzo del confronto diretto con la rappresentazione.
Se è necessario che il teatro diventi un incontro, allora la partecipazione deve essere autentica e profonda.
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