1. Premessa
L'impegno dell'Ottocento nella riproduzione della realtà parte dallo studio movimento, mentre solo nel secolo successivo, dopo che Edison inventa il fonografo nel 1877, la scienza si interroga sul problema del suono. L'immagine filmica parla solo dal 1928, ma anche quando il cinema era muto il cinema ha sempre mostrato la necessità di un accompagnamento sonoro. Nel 1916 lo piscologo Hugo Münstenberg suggerisce che l'impegno unilaterale dei sensi – nel caso del cinema sarebbe solo la vista – produce una intollerabile tensione. La musica non racconta la trama nè pernderebbe il posto delle immagini, ma semplicemente rafforzerebbe il contesto emotivo.
2. La musica nel cinema
Alla fine del XIX secolo il cinema è già un medium e non più una curiosità tecnologica. Le prime esigenze di un affiancamento musicale ponderato, perché un pianista era giò presente in sala con il proprio repertorio, sono di Winkler nel 1912. Il cinema muto conosce una svolta con partiture originali per le pellicole e ben presto non si potè più pensare alla cinematografia solamente visiva. La psicologia della Gestalt nel frattempo concepisce la percezione come un sistema formale con regole proprie; secondo l'approccio, la vista e l'udito giungono a rappresentare anche in sinergia un unico oggetto percettivo.
Il cinema hollywoodiano perfeziona le teorie e le tecniche per registrare e sincronizzare video e audio. King Kong di Steiner del 1933 segna la svolta e l'industria cinematogragica degli anni 40 non potrà più fare a meno di contattare compositori provenienti da tutte le scuole musicali. Solo durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale il cinema farà sempre più a meno delle pesanti orchestre sinfoniche a vantaggio dei jazzisti.
L'industria, intorno alla seconda metù degli anni 50, capì che il pubblico ormai associava i temi musicali ai film e sfruttò l'occorrenza per creare soundtrack composte di canzoni indipendenti da poter poi vendere nel mercato del disco.
Gli anni 70 e 80 sono dominati da nuovi registi come Lucas e Spielberg che immettono nell'immaginario fantasie di evasione. Le colonne sonore cominciano ad essere composte sempre di più attraverso l'uso del sintetizzatore, a volte anche per motivi di budget. È un momento in cui artisti come Vangelis, Hans Zimmer, Wendy Carlos, nati come compositori di musica per film, acquistano autonomia nel mercato discografico. Gli anni 90 invece sono gli anni in cui gli effetti speciali fanno da padroni.
La colonna sonora, e la musica in generale, è una forma artistica che per esprimersi ha bisogno del tempo. Wagner fu l'artista classico che più di ogni altro sfruttò l'effetto della musica di condurre e di impostare lo stato emotivo, a lui si deve il leitmotiv. Il leitmotiv nel cinema non è altro che il motivo musicale dominante, lo scopo è quello di ricordare e presentare.
2.1. I livelli della musica nel film
Per lo studio della musica nei film viene proposto un modello a tre livelli: esterno, interno e mediato.
Il livello esterno (extradiegetico) è un tacito accordo della comunicazione cinematografica. Nel film si sente della musica anche dove non sarebbe possibile che ci sia. Questo livello può a sua volta essere diviso in:
- livello acritico: dove un narratore onniscente impone la sua visioni dei fatti;
- livello critico: dove ribadisce uno stesso concetto espresso in immagine.
Il livello interno (diegetico) è quello in cui la musica fa parte dell'evento narrato, come ad esempio quando un personaggio ascolta l'autoradio o un disco. Questo immette ulteriori significati simbolici.
Il livello mediato è quello in cui c'è un rapporto di causa-conseguenza tra il livello interno e/o esterno, come ad esempio quando un personaggio si appropria di una musica e la ripete in momenti del film.
2.3. La popular music di Philip Tagg
Quando si parla di popular music (pop) non si intende una forma etnica di musica espressa da una parte di un particolare gruppo o classe. Ci si riferisce piuttosto alla musica diffusa dal sistema mediatico occidentale sottoforma di comunicazione di massa. La musica ha raggiunto un livello di pervasività che non era mai stato raggiunto nel passato, anche perché i media sono ovunque. Tagg propone tre livelli di fruizione musicale:
1. subconscio/neurologico: una fruizione inconsapevole come ad esempio il sottofondo al supermercato;
2. preconscio/affettivo: quando si associa un motivo ad un evento affettivo;
3. conscio/ cognitivo: quando l'ascoltatore è impegnato nell'ascolto e categorizza ciò che ascolta musicologicamente.
Lo studioso si concentra maggiormente sul livello preconscio/affettivo in cui la musica comunica mediante "affects", stati interiori. Ad esempio il rock è così rumoroso che ci si può far sentire solo se si alza lo voce, il cantante infatti deve urlare sopra gli altri rumori. Tagg definisce "associazioni extramusicali" i legami tra immagini e musiche. Tagg propone un'analisi strutturale musematica, ove il musema è la più piccola unità dotata di senso musicale.
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