Con mobilità sociale intendiamo un processo che porta un individuo da una classe sociale ad un’altra. Può essere orizzontale quando l’individuo cambia ruolo nello stesso livello, verticale se lo spostamento è a una classe sociale più bassa o più alta. Se lo spostamento è tra classi sociali non contigue la mobilità è a lungo raggio, altrimenti è a breve raggio. Può essere analizzata la mobilità di in un individuo confrontando con la famiglia di origine e allora si dice mobilità sociale intergenerazionale, o nel corso della propria vita, intragenerazionale. In forma aggregata si ha la mobilità assoluta che è data dal numero complessivo di individui che cambiano classe sociale. La mobilità relativa (o fluidità sociale o apertura di una società) è il grado di uguaglianza delle possibilità di mobilità dei membri delle varie classi. Più la fluidità è completa e meno la classe sociale di origine determina il proprio destino sociale. Esiste anche la mobilità collettiva riferita ad interi gruppi o classi.
Nello studio della mobilità sociale ci sono due tradizioni teoriche. La prima ha a che fare con la fluidità sociale, cioè riferita alle opportunità che persone di diverse classi sociali hanno di passare da una classe all’altra. La seconda ha a che fare con la formazione e all’azione delle classi. Alcuni sociologi ritengono che una classe diventa una formazione stabile quando i membri condividono cultura e stili di vita, così di una classe esiste una componente fluida e una permanente.
Lo studio sistematico della mobilità sociale è iniziato con Pitrim Sorokin. Il suo testo è tuttora un classico e le tesi di fondo sono ritenute ancora valide. Lo studioso ricerca attraverso una nutrita quantità di documenti la mobilità sociale di società contemporanee (anni ’20) e dell’antichità. Le ricerche odierne sono più raffinate, ma più costose in quanto è necessario indagare su campioni significativi di una popolazione. Un problema delle maggiori ricerche è che i dati sono riguardanti alla popolazione maschile. Gli assunti di fondo è che l’unità di base non sia l’individuo, ma la famiglia e la possibilità sia data solo al marito. Negli ultimi decenni il ruolo della donna è cambiato e perciò non di rado si incontrano famiglie con madri come capofamiglia.
Nessun commento:
Posta un commento