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lunedì 16 agosto 2010

Psicologia dello sviluppo: contributi piagetiani

Lo sviluppo delle conoscenze
Dagli studi di Piaget emergono dei trend nel pensiero infantile prima dello sviluppo del pensiero operatorio formale.
L’egocentrismo è la tendenza a trascurare il punto di vista altrui. Nel bambino è una costante. Nella forma più concreta è la difficoltà a immaginare cosa percepisca un altro da un punto di vista diverso dal proprio. In un famoso esperimento di Piaget e Inhelder, il bambino posto davanti ad un plastico di una montagna costellato di varie strutture tendeva ad attribuire il proprio percepito anche ad altri posti in punti di vista differenti. In altri contesti il bambino trovandosi a spiegare qualcosa ad un altro trascura di riferire informazioni per lui assimilate e scontate, nei temi è tipico l’uso di pronomi senza che si sappia a chi siano riferiti. Il bambino alle prese con nuove parole non chiede il significato e lo interpreta in base a parole già note perché crede che l’interlocutore sappia cosa il bambino possa capire.
Il realismo infantile è il primato del materiale anche su fatti mentali (sogni, pensieri, segni, linguaggio verbale). Il bambino è convinto che i nomi delle cose siano contenuti nelle cose e che cambiando di nome ad una cosa questa cambi nella sostanza. Una conseguenza del realismo infantile è la tendenza a deformare o a non comprendere le nozioni impartite dall’adulto basate sul “possibile” o sul “soggettivo”, che non hanno quindi riscontro oggettivo nella realtà percepibile.
Per Piaget la conseguenza dell’egocentrismo e del realismo infantile è il pensiero pre-causale. Il mondo infantile è scarsamente differenziato tra realtà esterna e realtà interna, dando origine ad una realtà ambigua di cui un oggetto, che gli adulti possono considerare interno, per il bambino è considerato esterno e viceversa un oggetto esterno può essere vissuto come interno. Il pensiero pre-causale è un pensiero magico, per cui l’erba cresce per far mangiare le mucche, il vento soffia per spostare le nuvole. Il bambino a fatica può distinguere l’Io dal non-Io, per cui attribuendo istanze proprie di sé alle cose ne consegue l’animismo infantile. Oggetti inanimati per un bambino possiedono intenzioni e coscienza, proprio come lui. Nelle interviste piagietiane bambini di 6-7 anni rispondevano che il legno che brucia prova dolore e che il sole cammina per seguire la luna.
L’animismo infantile procede per quattro fasi. Prima dei 5-6 anni qualsiasi oggetto posto in un contesto dinamico è dotato di intenzionalità; fino agli 8 anni l’animismo è riservato agli oggetti in movimento. Tra gli 10-11 anni i bambini distinguono oggetti in movimento che si muovono da soli e non, l’animismo è riservato ai primi; dai 12 anni il bambino ha le stesse concezioni degli adulti.
L’artificialismo infantile è la tendenza del bambino ad assegnare a elementi naturali costruzione umana. Così una montagna è stata costruita dai muratori e in un tuono qualcuno ha messo dentro il fuoco. Per Piaget animismo e artificialismo infantile sono conclusione tratte anche dal fatto che il bambino vede assecondato ogni suo bisogno da un adulto. I genitori visti da un bambino sono infallibili e la natura fa parte di un disegno armonico. Da questo scaturisce il finalismo infantile, ovvero l’idea che la natura segua delle leggi morali.
Un influenza del realismo e dell’infallibilità genitoriale è notevole nel discernere le età delle persone. Fino agli 8 anni è possibile che un bambino abbia un’idea approssimativa del tempo. Per cui i genitori potrebbero rimanere sempre della stessa età e manifestazioni molto vistose del cambiamento fisico dovute al tempo siano il suo indice di giudizio per lo scorrimento del tempo.

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