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sabato 13 dicembre 2014

Psicologia dell'apprendimento: memoria

Le credenze ingenue sulla memoria. La metamemoria

Ogni individuo ha delle conoscenza più o meno veritiere sul proprio funzionamento mentale, per cui anche sul funzionamento della propria memoria. Studi di psicologia della testimonianza hanno oscillato nel corso del tempo tra fiducia e sfiducia, tanto che per un lungo periodo nei tribunali il giudice diede credito come testimoni ai soli individui giudicati maturi, razionali e moralmente integri. Testi accademici di un secolo fa mettevano in dubbio non solamente le testimonianze di bambini, ma di zoppi, sordi, prostitute e in generale delle donne. Veniva inoltre ritenuto che ricordo vivido = ricordo vero, ma meno inchiostro è stato versato per dimostrare che ricordo incerto = ricordo falso. Perciò un ricordo con scarsi dettagli poteva essere considerato immediatamente falso o parto della fantasia. Questa erronea convinzione poteva far sì che il testimone forzato dagli inquirenti a ricordare vividamente infarcisca la sua descrizione dei fatti con elementi immaginari o con elementi presi a prestito da altri eventi. È noto che investigatori che chiedono al testimone di descrivere oggetti non presenti durante l’episodio, il testimone può inventare dettagli per compiacerlo. Informazioni aggiunte in un secondo tempo possono corrompere la veridicità del ricordo.
L’uomo è specializzato nel riconoscimento e nella memorizzazioni di volti in maniera automatica per fini adattivi della specie. Di fatto, però, molti individui tendono a sovrastimare la propria abilità. Anche per quanto riguarda volti di individui di etnia diversa. Infatti la nostra abilità di riconoscimento è direttamente proporzionale con la familiarità dei volti. Ad esempio un riconoscimento in un confronto all’americana durante la seconda presentazioni dei candidati è quasi sicuramente fallace in quanto il testimone può aver maturato un’impressione di familiarità con i volti già visti nel primo confronto. Altro regolare bias nelle identificazioni è dovuto alla coerenza descrittiva, per cui la tendenza è quella di sostituire un confronto percettivo tra i candidati con un confronto basato su quanto affermato sull’aspetto del colpevole.
Perché dimentichiamo? A) non abbiamo appreso bene o i ricordi non sono accessibili, b) interferenza e confusione di altre informazioni, c) scarso interesse delle informazioni.
Cosa occorre fare per ricordare bene? A) usare le vie giuste per ricordare, b) le informazioni devono essere interessanti.

La leggenda della “memoria fotografica”. Gli scherzi della memoria visiva

Esistono ricordi che oltre ad essere vividi sono anche precisi, i ricordi eidetici, ma sono piuttosto l’eccezione che la regola. La nostra memoria visiva in realtà è molto precisa e tende a enfatizzare dei dettagli piuttosto che tutta la scena. Nel campo della psicologia della testimonianza l’errore della memoria visiva è spesso correlato alla falsa convinzione di essere depositari di un ottimo ricordo e di riportare fedelmente quanto si è visto. Esperimenti dimostrano come la convinzione di veracità del ricordo visivo e di effettiva visione sono da reputarsi non corretti. A un gruppo di individui sono state mostrate fotografie di un lago ripreso in varie posizioni, finendo così per essere familiare. Alla domanda se avessero visto o meno una foto i soggetti esposti confermarono, sebbene non l’avessero mai vista. Soggetti meno familiarizzati riportavano meno sicurezza.
Un fenomeno molto importante legato alla memoria visiva è la cecità al cambiamento. In esperimenti si è notato come l’attenzione dei soggetti rivolta a particolari importanti della scena trascurassero completamente dettagli incongrui della scena complessiva. Così se durante una partita di basket corresse fra i giocatori un uomo vestito da orso senza farsi notare o se durante un dialogo i vestiti degli attori cambiassero ad ogni ripresa, la probabilità che venga notato un dettaglio notevole fuori dal campo attentivo è molto bassa.
È facile notare come accediamo alla memoria in modo diverso a seconda della familiarità o dello scopo per cui siamo tenuti a ricordare. Un bancario potrebbe essere incapace di descrivere una banconota, ma di riuscire a riconoscerla al volo tra molte altre. Questo fenomeno è possibile per due diversi modi di accedere alla memoria: rievocare e riconoscere. Il riconoscimento in genere è più facile, ma più povero di elementi. Ad esempio è possibile che una persona che abitualmente vediamo tutti i giorni all’improvviso si tagli la barba o indossi gli occhiali. Noi, riconoscendo che qualcosa in lui è cambiato, possiamo attribuire il cambiamento a elementi che sono rimasti inalterati. Di fatto il ricordo di qualcosa visto quotidianamente può essere vago, lacunoso e pieno di distorsioni.
I nostri limiti di memoria, più da attribuirsi alla capacità di contenere dati da parte del cervello, sono da attribuire al nostro sistema di elaborazione dei dati. Sappiamo che la nostra percezione è “selettiva” e la selettività influenza ed è influenzata dalla tendenza ad interpretare ciò che si vede associando un’etichetta linguistica. Il caso della figura ambigua è paradigmatico. Una figura ambigua è una configurazione dell’immagine tale per cui può essere interpretato un significato a seconda di come la si guarda e, partendo da questo significato, si percepisce una figura anziché un’altra.

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