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sabato 13 dicembre 2014

Psicologia dell'apprendimento: memoria

Verità e sincerità. Gli errori dell’autobiografo

Un buon documento per saggiare i falsi ricordi è l’autobiografia. Se il personaggio è pubblico molto probabilmente è possibile risalire a molte fonti che possono confermare o smentire gli eventi che ha narrato grazie alla memoria personale.
Goldoni, nella sua autobiografia Memorie, riporta scene vivide e molto particolareggiate della sua infanzia dopo 65 anni. Ad esempio afferma di essere stato promosso, di essere stato il primo della classe . Documenti ufficiali proverebbero il contrario. La mente torna spesso a fantasticare su ricordi di eventi passati molto importanti per noi, ma a distanza di tempo ben presto i ricordi si confondono e diventano ricordi di ricordi. Così quando il Goldoni mente, potrebbe averlo fatto in sincerità … potrebbe veramente ricordare l’evento in quel modo. Di fatto la mente tende a ricostruire dettagli mancanti di eventi autobiografici del passato. A distanza di decine di anni non restano che alcuni frammenti. Una volta che è necessario narrare l’evento è scontato che la mente debba creare i presupposti per dare un nesso di continuità alla struttura narrativa improvvisando dettagli da schemi soggettivi del momento. La sensazione soggettiva è che sia stato sfornato un ricordo genuino, ma in realtà non è così.

Le cicatrici della memoria. Testimonianza e ricordi emotivi

Che relazione c’è tra emozione e ricordo? È vero che più l’emozione è intensa e più il ricordo sarà vivido? Normalmente siamo convinti di sì. Studi di psicologia della testimonianza suggerirebbero che è una credenza che non ha nessun fondamento empirico. Paradigmatico è il caso di una donna rapinata mentre era sola in casa. Accusa, strana coincidenza, uno psicologo della testimonianza. Però l’accusato ha un alibi di ferro. Quella sera il dottor Thompson era ad una trasmissione televisiva con il capo della polizia ed il sindaco. La donna ha scambiato l’uomo visto in televisione con il rapinatore.
La credenza relativa alla vividezza del ricordo e della sua precisione in caso di un evento emotivamente carico è scambiato con la forte persistenza.
Il disturbo post-traumatico da stress è un disagio che colpisce individui che hanno vissuto un forte trauma. Si trovano all’improvviso catapultati nella situazione traumatica rivivendo forti stati di paura, terrore, impotenza senza poter interrompere il flusso del ricordo. Il disturbo è tipico di soldati al ritorno dal fronte. Un tempo veniva consigliato di cercare di non pensarci. Oggi sappiamo che è quanto mai controproducente in quanto cercando di non pensare a qualcosa è sicuro al 100% che questo qualcosa riemerga. Terapie odierne mirano invece a far rivivere il ricordo e a raccontarlo, in modo da poterlo rielaborare.
Le emozioni forti sono tali solo se sono autentiche, è comprensibile, quindi, che sia difficile elicitarle in setting da laboratorio. Baroni (1989) provò con la visione di un film. I test successivi rivelarono, inaspettatamente, che le scene che inducevano paura erano anche le più ricordate insieme alle scene inusuali. Emerge così che effettivamente vivere scene terrificanti senza esserne minacciati, al contrario delle violenze subite o viste in prima persona, vengono ricordate.
Un fenomeno chiamato “dipendenza da stato” fa sì che una situazione simile a quella in cui si è memorizzato permetta la rievocazione.

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