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domenica 14 dicembre 2014

Psicologia sociale: aggressività e conflitto

Il conflitto nasce dall'incompatibilità degli obiettivi delle parti in causa e ciò fa sì che entrambe reputino lesivo il comportamento dell'altro nei propri confronti. L'aggressività è, appunto, l'intenzione di danneggiare l'altro.
L'aggressività ha origini evolutive ed è nel corredo di strategie degli individui e può essere espressa come aggressività strumentale quando vengono minacciate rappresaglie per raggiungere un fine, oppure aggressività emozionale dovuta a stati interni e fine a se stessa ed è indotta da una provocazione.

Per l'aggressività strumentale è necessaria motivazione alla padronanza e dalla percezione di ottenere dei benefici, questa percezione è dovuta alle capacità personali. E' più comune che siano gli uomini a fare uso dell'aggressività strumentale, lo stato di indigenza prodotto dalla povertà è un fattore scatenante della violenza.

Per l'aggressività emozionale occorre che la violenza sia l'unico schema accessibile, cosa poco comune se si pensa che la violenza è pesantemente condannata socialmente. A scatenarla sono le minaccie a una positiva immagine di sé specie se in pubblico. Questo tipo di comportamento è spesso portato in essere da individui con un'alta autostima, ma la cui considerazione è fragile e insicura.

Per Berkowitz (1989) qualunque sentimento negativo può sfociare in aggressività: "Siamo cattivi quando stiamo male".

Le norme che regolano l'aggressività

Praticamente in tutte le società hanno norme che regolano l'aggressività, ma in alcuni casi questa viene in qualche maniera accettata o promossa. Quando personalità aggressive diventano popolari significa che le norme promuovono l'aggressività. In alcune società i delitti passionali sono giudicati con una certa indulgenza.
Gli Stati Uniti hanno il triste primato per omicidi commessi e a quanto pare i fattori che scatenano quest'ondata di violenza sono da riscontrare nella cultura del Paese che dà il diritto di possedere e usare armi per proteggere la propria persona e la proprietà. Persino il retaggio della "Cultura dell'onore" dei paesi del sud prevede che la violenza sia il miglior modo per rispondere ad un insulto o una minaccia.
L'effetto arma prevede che in vicinanza di armi comportamenti più aggressivi siano più accessibili.

Elaborazione superficiale o sistematica dell'aggresività

L'elaborazione sistematica dello stimolo aggresivo scongiurerebbe l'uso della violenza, ma alcuni fattori fanno sì che la motivazione a utilizzare metodi non violenti venga meno: a) le differenze individuali nella capacità di ragionamento sociale: alcuni individui sono più aggressivi di altri, b) minaccie e attivazione emozionale: le emozioni intense riducono la capacità di elaborare attentamente le informazioni, c) il consumo di alcolici: non favorisce di certo l'elaborazione sistematica e amplifica le emozioni.

Il conflitto tra i gruppi

L'aggressività di gruppo è risente molto meno delle norme sociali e sopratutto sfrutta il consenso.
La teoria del conflitto realistico (Campbell, 1965) prevede che l'aggressività tra gruppi sorga dalla competizione per il dominio sulle risorse limitate.
Non è solo questo a creare tensione tra i gruppi, infatti il rispetto, il bisogno di ottenere uno status privilegiato, può scatenare competizione sociale per mantenere alta l'identità sociale. La competitività legata al rispetto può mettere in secondo piano il dominio sulle risorse limitate.

La teoria della deprivazione relativa indica che i sentimenti negativi possono essere generati dalla convinzione che altri individui o altri gruppi si trovino in condizioni migliori rispetto alle proprie. La deprivazione relativa egoistica fa percepire che le cose stiano andando meglio ad altri, mentre la deprivazione relativa fraterna è la percezione che ad altri gruppi stia andando meglio.

Il ruolo della comunicazione nei conflitti sociali

La tendenza interna è quella di polarizzare la propria versione dei fatti favorendo la coesione del gruppo interno e svalutando il gruppo esterno. La richiesta da parte dei leader di nessuna interazione con il nemico fa aumentare la distanza e il leader conquista potere. La comunicazione tra gruppi è monopolizzata da minaccie e tentativi di coercizione.
Esperimenti dimostrano che la tendenza ad utilizzare minaccie se disponibili è molto alta.
La formazione di coalizioni in genere incentiva l'uso della forza.

La percezione durante il conflitto

La pura e semplice categorizzazione rende il gruppo interno migliore figuriamoci durante un conflitto. Si ha la percezione che il gruppo interno non possa mai sbagliare, di essere nel giusto e di essere moralmente superiori, più potenti e coraggiosi. La percezione è opposta per il gruppo esterno: non può fare nulla di giusto, è malvagio e diabolico.

Ovviamento le distorsioni delle attribuzioni sono all'ordine del giorno: le motivazioni del gruppo interno sono positive e dettate dalla situazione, mentre la motivazione del gruppo esterno è negativa e ricondotta a difetti del carattere.

Le soluzioni finali

Quando la percezione è talmente distorta da portare il conflitto dalla sfera delle risorse limitate alla supremazia sociale l'obiettivo può diventare il dominio totale, lo sfruttamente, la riduzione in schiavitù o lo sterminio del gruppo esterno.
Tre fattori che possono spingere a ricercare una "soluzione finale" sono: a) una differenza di potere tra gruppi si traduce nel desiderio di azione; b) l'esclusione morale neutralizza l'indignazione morale rendendo indefferenti delle sorti del gruppo giudicato inferiore; c) la routinizzazione desensibilizza rendendo banali le azioni più efferate.

Risolvere i conflitti e ridurre l'aggressività

Vi sono stimoli che inducono all'aggressività, ma stimoli come una risposta gentile, la presenza di un bambino o una risata in una situazione tesa possono suscitare pensieri e sentimenti incompatibili con l'aggressività.
Il solo fatto di riuscire a elaborare sistematicamente alla cause potrebbe essere un deterrente.
L'avvicinamento e l'empatia scongiura ampiamente l'inimicizia.

La negoziazione

Non sempre è possibile ridurre l'aggressività con i metodi descritti. Nel caso che una parte venga sconfitta la parte vincente può risolvere con una soluzione imposta (interrompiamo l'attacco se voi fate questo). Se le due parti in causa scendono a compromessi possono mirare ad una soluzione distributiva (interrompiamo il conflitto se voi fate questo e noi faremo questo).
Nei casi migliori le soluzioni integrative o soluzioni a vittoria doppia permettono ad entrambe di godere dei benefici, sebbene non si vinca completamente la competizione le parti ottengono ciò che ritenevano importante.

Per le soluzioni integrative sono richieste creatività e comprensione di quali siano i reali interessi e motivazioni implicite, per forza di cose è necessario che le parti comunichino. La negoziazione è il processo mediante al quale le parti in conflitto comunicano per raggiungere un accordo quando gli interessi sono contrastanti.
Un fenomeno che spesso ricorre nella negoziazione è la svalutazione reattiva, cioè l'idea che qualsiasi richiesta della parte antagonista sia inevitabilmente in contrasto con la propria posizione. La negoziazione deve fare in modo che le parti capiscano cosa l'altra si aspetta ed è motivata aggirando il fenomeno.

Un passato di conflitto non è certo una base su cui costruire fiducia, però la negoziazione vuole tramite la coerenza tra parole e fatti che un clima di fiducia tra le parti sia possibile. Il GRIT (iniziative reciproche e graduali finalizzate alla distensione) permette tramite piccole, ma significative concessioni all'antagonista di ottenere un clima di distensione tramite la norma della reciprocità.

Non sempre la comunicazione può essere diretta perciò entrano in causa dei terzi che si preoccupano di negoziare.
In questo caso il terzo può essere un mediatore che mette il focus sulle questioni rilevanti della negoziazione. Negli arbitrati inceve il terzo ha il potere di giungere ad una decisione ascoltando entrambe le parti.

La cooperazione tra gruppi

L'introduzione di obiettivi superordinati, cioè obiettivi che solo la cooperazione può portare a termine, è un modo per ridurre il conflitto tra le potenze. La cooperazione offre dei vantaggi importanti quando si tratta di ridurre il pregiudizio infatti offre parecchie opportunità di contatto e di smentita degli stereotipi

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