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domenica 14 dicembre 2014

Psicologia sociale: la formazione delle impressioni

Le impressioni basate sulla familiarità

La maggior parte di noi tende a sviluppare una risposta positiva verso chi incontra spesso nella vita di tutti i giorni: la semplice esposizione a un’altra persona accresce la simpatia nei suoi confronti.

Le impressioni basate sul comportamento

La risorsa più utile per farsi un’opinione di un’altra persona è il suo comportamento: molti comportamenti sono fortemente connessi a particolari tratti della personalità. Un consiglio che viene dato spesso è di giudicare gli altri da quello che fanno anziché da quello che dicono o dall’aspetto che hanno.

Quali sono gli indizi che catturano l’attenzione?

Le caratteristiche che emergono sono quelle che differenziano, e questo vale per tutti i tipi di caratteristiche, dai comportamenti ai tratti fisici. Ciò che fa emergere una caratteristica è la sua rarità o singolarità.
La salienza è la capacità di un indizio di attrarre l’attenzione all’interno del suo contesto: attributi che emergono in un contesto possono passare inosservati in un altro.

L’interpretazione degli indizi

Gli indizi non hanno alcun significato in sé e per sé: ne acquistano solo nel momento in cui vengono interpretati alla luce delle conoscenze accumulate da ogni individuo su persone, comportamenti, tratti e situazioni sociali. Le conoscenze collegate all’indizio stesso, o che sono facili da richiamare alla mente, hanno più probabilità di essere usati per interpretarlo.
Non c’è comportamento, aspetto, gesto o espressione che indichi direttamente le qualità interiori di una persona; ciò nonostante perfino le nostre prime impressioni fanno affidamento su processi cognitivi rapidi e spontanei: anche quando elaboriamo le informazioni in modo superficiale, cioè senza tentare di farci una opinione su un’altra persona, traiamo comunque inferenze di giudizio in modo del tutto automatico e spontaneo.
Due tipi di conoscenze pregresse ci aiutano a interpretare gli indizi: le associazioni che fanno già parte del nostro bagaglio cognitivo e i pensieri che occupano al momento la nostra mente.

Il ruolo delle associazioni nell’interpretazione

Tra due diverse rappresentazioni cognitive esiste un legame che le associa (rubare-disonestà), e quando pensiamo ad una anche il tratto corrispondente all’altra viene attivato, cioè portato alla mente.
Le associazioni possono sorgere tra similarità di significato tra due associazioni cognitive (rubare-disonestà), ma anche idee non correlate possono venire associate se sono ripetutamente pensate insieme: guardie e ladri, Windows-Microsoft, Lennon McCarney. Le associazioni acquisite dipendono dalla cultura di appartenenza: vivere il culture diverse porta ad effettuare associazioni diverse e a dare interpretazioni diverse dello stesso comportamento.
Una volta formata, l’associazione unisce le due rappresentazioni cognitive: se viene alla mente l’una, arriva anche l’altra; queste associazioni memorizzate fanno sì che alcuni indizi siano più facili da interpretare di altri, e in casi simili quando si considera un comportamento si pensa spontaneamente a un tratto ad esso associato anche se non si cerca specificamente di formarsi un’impressione della persona (restituzione portafoglio-onestà, decathlon-prestanza).

Il desiderio di confermare le proprie ipotesi

Esistono due strategie opposte per vagliare un'ipotesi: cercando evidenze empiriche che confermino o falsifichino l'ipotesi di partenza.
Alla luce che il sistema cognitivo è conservatore e possiede una potenza limitata la maggior parte delle volte tendiamo a confermare le nostre ipotesi.

Snyder e Swann (1978): nelle due condizioni i partecipanti dovevano capire se un individuo è introverso o estroverso e veniva assegnata una lista di domande. Indipendentemente venivano scelte domande per confermare l'ipotesi di partenza.

Le profezie che si autovverano

Quando ci si avvicina a un individuo si porta con sé il proprio bagaglio di impressioni e aspettative che producono un atteggiamento. Questo può agire in maniera sottile alterando la realtà percepita, infatti poi il comportamento che si dimostra può far sì che le proprie aspettative si realizzino.

Rosenthal e Jacobson (1968): casualmente vengono prodotti dei rapporti sull'intelligenza di allievi di scuola e vengono consegnati agli insegnanti. Nel corso del tempo gli studenti etichettati come brillanti mostravano punteggi migliori. Senza accorgersene gli insegnanti avevano atteggiamenti favorevoli verso di loro stimolandoli.

Il ruolo della similarità percepita nella formazione delle impressioni

La similarità interviene nella formazione dell'impressione aumentando la qualità.
Byrne e Nelson (1965) hanno dimostrato che il numero di atteggiamenti condivisi fa aumentare proporzionalmente l'attrazione reciproca.
Newcomb (1961) ha confermato che studenti di uno stesso campus tendono a ragrupparsi per individui dagli atteggiamenti comuni, stessa estrazione socio-demografica e per giudizi comuni sugli altri indivui. Quest'ultima similarità pare sia molto influente nella formazione di amicizie e coppie.
Un indice molto sottile è quello della somiglianza dei comportamenti non verbali, come postura, gesti, inflessioni di linguaggio. Infatti in maniera involontaria spesso si imita il comportamento non verbale dell'interlocutore, questo fenomeno è chiamato "effetto camaleonte".

Effetto del falso consenso

Spesso l'assunzione di fondo alla base degli atteggiamenti e che gli altri abbiano pensieri e condotte simili alle nostre, la tendenza è chiamata effetto del falso consenso che può essere definita la tendenza a sovrastimare la misura con cui i nostri comportamenti, credenze e atteggiamenti siano diffusi nella popolazione e condivisi tra le altre persone.
In condizioni di incertezza le persone utilizzano le proprie personali opinioni proiettate sugli altri.

Ross (1977) dimostra che studenti intervistati sulla loro volontà di fare l'uomo sandwich presumevano che la maggioranza della popolazione universitaria la pensasse come loro sovrastimando il numero.

L'altra faccia della medaglia della preferenza per chi è simile è l'esposizione selettiva, cioè la tendenza a circondarsi da persone con la stessa visione del mondo e atteggiamenti e ciò porta a sovrastimare il numero di chi ci è simile.

Inferenza corrispondente

E' il processo che porta a caratterizzare qualcuno come dotato di un tratto della personalità che corrisponde al suo comportamento; quando un’inferenza corrispondente fa seguito all’ interpretazione iniziale di un comportamento essa completa una prima impressione, ossia una rappresentazione cognitiva iniziale di come è l’altra persona.
Una inferenza corrispondente è giustificata quando:

1. il comportamento viene scelto liberamente dall’individuo
2. il comportamento ha degli effetti che lo distinguono da altri corsi d’azione
3. il comportamento è imprevisto anziché previsto o tipico

Errore di corrispondenza o errore fondamentale di attribuzione

La tendenza a inferire le caratteristiche personali di un attore sulla base dei comportamenti osservati, anche quando esistono altre possibili cause di comportamento legate alla situazione che rendono l’inferenza ingiustificata. Molto più frequente nella cultura occidentale.

Bias della correlazione illusoria

Hamilton e Gifford (1976) Vengono presentati 39 testi contenenti un comportamento negativo o positivo e l'appartenenza ad un gruppo. Per ogni gruppo i comportamenti posivitivi erano 2/3 e nagativi 1/3. Il gruppo A è più popoloso del gruppo B. I partecipanti rispondevano che il gruppo B è più negativo del gruppo A.

Il principio della correlazione illusoria è l'associazione immaginaria tra due eventi infrequenti.
Questa distorsione cognitiva è dovuta alla salienza degli eventi infrequenti che vengono memorizzati e notati con maggior facilità.
Questo meccanismo produce spesso stereotipi negativi dei gruppi.

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