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domenica 14 dicembre 2014

Psicologia sociale: storia

La psicologia sociale nasce tra la fine dell'800 e inizio del '900 da tre correnti:

Approccio sperimentale
Il primo esperimento di psicologia sociale è considerato quello di Norman Triplett nel 1898 in cui dei bambini devono svolgere un compito da soli o in presenza di altri e osserva che la prestazione è migliore nel secondo caso.

Approccio biologico
William McDougall nel 1908 ritiene che gran parte del comportamento umano sia imputabile al ruolo di istinti innati.

Studio dei fenomeni collettivi
L'esponente della ricerca è Gustav Le Bon che asserisce che l'individuo da solo è razionale, in gruppo regredisce a stadi primitivi. I suoi studi influenzarono i regimi totalitari del '900.

I regimi totalitari hanno creato un ambiente di sviluppo per la ricerca della p.s., infatti molti psicologi sociali fuggirono dall'Europa con l'avvento del nazismo per rifugiarsi in nordamerica, infatti si dice che Adolf Hitler abbia inciso profondamento nella quantità di ricerca.
Il paradigma dominante era quello comportamentista negli USA, mentre gli psicologi immigrati si erano formati sotto l'episteme della psicologia della Gestalt europea che prevede che l'interpretazione della realtà sia mediata dalla percezione e sottolinea l'importanza di come appare l'oggetto nella mente che i suoi attributi fisici. La teoria del confronto sociale di Festinger (1954), è chiaramente ispirata alla scuola della Gestalt. La teoria prevede che non vi sia un modo assoluto di valutazione, ma ogni individuo confronta il valore confrontandolo con il valore posto da altri individui.
Durante gli anni '30 gli studiosi si dedicavano a capire i meccanismi con cui veniva promosso il consenso alla guerra, come si curava il morale della truppa, la resistenza alla propaganda, la razionalizzazione delle risore, il lavarsi regolarmente i denti... in questo periodo le teorie trovavano spesso conferma con la pratica. I maggiori esponenti della p.s. in quel periodo furono Carl Hovland e Kurt Lewin.
Alla fine del conflitto si cercò di capire come furono possibili le aberrazioni del nazismo ad opera di Asch, Milgram, Taifel e Adorno.
Tra gli anni '50 e '60, l'età d'oro della p.s., furono fatte numerose scoperte e già nel 1970 una serie di risultati affidabili e ripetibili permetterono l'integrazione della p.s. in scienze adiacenti.
L'avvento del cognitivismo negli anni '70 non sorprese gli psicologi sociali già abituati a tenere conto degli stati interni, infatti tra gli anni '80 e '90 tecniche di sperimentazioni cognitiviste erano già nel repertorio degli psicologi sociali.
La p.s. contemporanea si fonda, oltre che sul metodo scientifico, su i costrutti della psicologia cognitiva e del costruttivismo. Filosoficamente l'impianto è da collocare nella posizione del realismo critico che prevede che fuori esista un mondo strutturato, ma sia impossibile comprenderlo appieno.

Psicologia cognitiva
La pisocologia cognitiva è una disciplina che ha come obiettivo lo studio dei processi cognitivi: percezione, apprendimento, memoria, attenzione, risoluzione dei problemi, memoria, linguaggio e le emozioni, e prevede che la mente sia assimilabile ad un software.
La posizione cognitivista si contrappose negli anni '50 a quella dominante nel nordamerica, cioè il comportamentismo di Watson e Skinner, che trascurava completamente il ruolo svolto dai pensieri considerando scientificamente valutabile solo ciò che è il comportamento.
Il cognitivismo nasce in seguito alla presentazione al MIT della teoria del linguaggio di Chomsky nel 1956 che culminerà nel progresso nel campo dell'Intelligenza artificiale.

Costruttivismo
Nel 1955 George Kelly pubblica Psicologia dei Costrutti Personali introducendo, così, il costruttivismo come posizione epistemologica che mette in discussione la possibilità di avere una conoscenza "oggettiva" della realtà in quanto i fenomeni sono interpretati da un osservatore che ha un punto di vista soggettivo radicato in teorie (costrutti) precedenti.
Ciò che ognuno di noi considera reale è la sua rappresentazione soggettiva della realtà.

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