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lunedì 22 dicembre 2014

Analisi della conversazione: conversazioni speciali

Le istituzioni nel parlato

Uno degli scopi della ricerca in AC non è solo quello di analizzare l'istituzione del parlato, ma anche il ruolo delle istituzioni nel parlato. La spiegazione del comportamento comunicativo tra le persone in interazione tra loro non viene fatta risalire a variabili esogene, esterne alla situazione. L'attenzione dell'analista cade anche nel caso delle organizzazioni formali sull'incontro tra le persone, dove vigono forme speciali di regolazione all'accesso reciproco proprie dell'ordine dell'interazione e della comunicazione.
L'esempio della cerimonia religiosa, considerata la forma meno spontanea di conversazione, è considerato non dal punto del credere o meno a qualcosa, è considerata dal fatto che occorre fare qualcosa pubblicamente prescritto per la situazione. Non solo viene prestabilito il "quando", ma anche il "cosa".
A questo scopo possiamo immaginare la conversazione come un continuum, ove ad un estremo troviamo la conversazione informale e all'estremo opposto la cerimonia religiosa. Tra i due estremi esistono forme più o meno preallocate di conversazione, che mantengono elementi preallocati e allocazioni locali (es. riunione di lavoro, dibattito).

La definizione interazionale dell'identità dei partecipanti per gli scopi istituzionali dell'incontro

Nel caso dell'interazione medico-pazione, Parsons, il padre dell'interazionismo simbolico, definisce astrattamente le aspettative normative di ruolo legate alla malattia. L'AC studia invece in che modo concretamente vengono alla luce nella conversazione le identità di "medico" e "paziente".
Domandando in un modo e rispondendo in un altro, le persone in interazione si trovano "costituire" il frame interpretativo istituzionale di "medico" e "paziente".
Nella vita quotidiana e nella conversazione faccia a faccia, è la divisa a orientare il comportamento conversazionale. Ma cosa succede al telefono? Le trascrizioni riportano che la routine di apertura dura solamente un coppia e qui vengono definite le identità.

Determinare chi parla: l'organizzazione speciale della presa del turno

Tornando la continuum, nel polo centrale avvengono conversazioni che non hanno una rigida preallocazione, ma una "orchestrazione". In questo caso solo un partecipante, o un party, ha il diritto di determinare quando, cosa e quanto gli altri partecipanti possono parlare e ricevere attenzione. Un incontro di tal genere è meno legato a regole procedurali esplicite.
L'interazione in classe è un caso di conversazione istituzionale orchestrata in cui è l'insegnate a dirigere l'orchestra della conversazione. Si parla se selezionati e in caso di autoselezione vige la regola dell'alzata di mano per avere diritto di parola, occorre essere cioè autorizzati. Raramente gli studenti possono interpellare un altro studente. Se l'ordine viene infranto, l'insegnante ha alcuni strumenti di riparazione. L'alzata di mano, ad esempio, è un meccanismo preventivo. Se il fatto è già accaduto – gli studenti parlano non autorizzati e contemporaneamente – può invocare il rispetto alle regole esclamando "un momento!", "uno alla volta!".

Gli effetti del sistema speciale della presa del turno nell'interazione istituzionale: quanto può parlare una persona?

L'esempio dell'intervista giornalistica, una conversazione orchestrata dal giornalista, è un particolare caso in cui i turni sono composti di più unità costitutive. Il giornalista spesso costruisce una narrazione che fa da frame contestuale alla domanda che seguirà. Durante questo turno l'ascoltatore, l'intervistato, evita di intervenire e al massimo emette dei continuer nei punti di possibile completamento.
Una volta presa la parola, l'intervistato può rispondere e se la risposta è troppo breve, il giornalista può evitare di rispondere dimostrandosi in attesa di una risposta più elaborata. Questo non intervenire è lo strumento, è un preciso segnale, con cui regolare il quanto della conversazione.
Al versante opposto si trova l'interruzione, ossia un atto unidirezionale di negazione del diritto di parola per cui chi sta parlando deve smettere di parlare. La drammaticità dell'interruzione può essere rimediata smettendo di parlare e ripristinando il diritto del turno al parlante sospeso. Il medico usa spesso l'interruzione per gestire la conversazione, sia dal punto tematico che da quello organizzativo.

Domande e risposte: l'organizzazione della forma della partecipazione

Dunque nelle conversazioni speciali vi è un meccanismo speciale di presa del turno, in cui un parlante ha il diritto di selezionare e interrompere. Vi è anche un ordine prestabilito del tipo di turni. Molto spesso queste sono coppie di domanda e risposta.
La conversazione medico-paziente offre l'opportunità di notare come il medico, in posizione superordinata, può decide quali domande del paziente sono rilevanti e quali non lo sono esercitando il privilegio di non rispondere. Le domande dei pazienti spesso si trovano dopo la domanda del medico e sono una forma di repair nel caso in cui il paziente non abbia capito la domanda del medico (contenente spesso tecnicismi specialistici). L'altra occasione la dà il medico stesso sollecitando il paziente con "ci sono domande?", "tutto chiaro?". Se il paziente decide di domandare qualcosa spesso introduce una richiesta "vorrei chiederle..." o lo fa con forme deboli "mi pare...", "forse...", ecc. Quando un paziente fa domande al medico spontaneamente, si nota come la voce e l'organizzazione dell'eloquio rappresentino segni di ansia e di timidezza (difficoltà di pronuncia, ripetizioni, pause, ecc.). Si può desumere che la caratteristica stessa del setting medico, indipendentemente dalle caratteristiche psicologiche del paziente, sia intimiditoria.

L'organizzazione delle sequenze I: dalla "coppia" alla "tripletta"

Quando nella conversazione i parlanti commentano la risposta ricevuta non inizia una nuova coppia, bensì siamo in presenza di una tripletta. Turni di questo tipo in genere sono tipici in cui c'è una assimetria, ossia solo un partecipante della conversazione ha il diritto di commentare la risposta data nel secondo turno. Assolutamente tipica nella conversazione tra insegnante e allievo, tanto che se l'insegnante sta in silenzio questo silenzio non è neutro, ma è un commento sulla risposta. Gli studenti sentono che manca qualcosa e sanno di aver sbagliato a rispondere o che la risposta è incompleta. La valutazione costituisce un vero e proprio frame che inquadra tutte le attività in classe. La pervasività dell'ombra giudicante dell'insegnante fa sì che se non viene utilizzato il "terzo turno di valutazione" lo studente prolunga il suo turno.

L'organizzazione delle sequenze II: la "coppia" di "coppie"

Esistono alcune situazioni istituzionali in cui il terzo turno contiene elementi del secondo turno riformulati e un quarto di conferma di avvenuta interpretazione. Questo schema è utile in quelle interazione ove è necessaria la puntualità e che i partecipanti comprendano perfettamente il contenuto della risposta. Nelle comunicazioni operative è spesso presente questa forma laddove corrisponde ad una sequenza di operazioni pratiche.
A c'è da portare il sangue mi pare
B il sangue c'è già, è a posto
A è a posto?
B sì e a posto

Le formulazioni

Il terzo turno può essere occupato da riformulazioni del secondo turno ufficialmente considerate corrette e definitive. Dal punto linguistico questo è un tipico atto metacomunicativo.
L'uso della formulazione è frequente nelle comunicazioni istituzionali in cui è opportuno usare un certo tipo di lingua e nel dialogo terapeutico dove è necessario rendere chiaro il senso e la direzione di un'osservazione vaga da parte del terapista. Nelle trasmissioni televisive o radiofoniche il presentatore o lo speaker fa uso della formulazione per ricostruire un racconto tendenzioso, spesso in funzione polemica. È presente nelle negoziazioni per fare il punto sullo stato degli accordi e delle concessioni.
Può essere presentata come dichiarazione o interrogazione.

L'organizzazione complessiva dell'incontro

Nelle conversazioni spontanee non c'è una struttura tipica riconoscibile e ricorsiva, al contrario nelle interazioni istituzionali l'incontro può essere descritto in modo più specifico. Non solo l'apertura e la chiusura sono tipici, ma anche il corpo centrale. Nelle chiamate d'emergenza del 118 è emerso:
1. apertura e identificazione
2. richiesta di intervento
3. serie di interrogazioni da parte dell'operatore
4. risposta alla richiesta di emergenza
5. chiusura

Si nota come le conversazioni istituzionali siano riposizionamenti di elementi della conversazione canonica.
Anche il dialogo con il medico di famiglia può essere prevedibile. Subito dopo l'apertura avviene l'esposizione del problema. Segue l'intervista del medico e l'ispezione fisica. Segue la diagnosi e la prescrizione di una cura. Alla fine medico e paziente si salutano e si ha la chiusura.

Conclusioni

La rinuncia all'asimmetria nella conversazione non rende la comunicazione più democratica, ma solo più confusa. Emerge che l'asimmetria è costruita dalla cooperazione delle parti. Senza cercare variabili esogene l'AC mette in evidenza come sia la pratica del parlare a produrre e riprodurre localmente le strutture sociali senza determinazioni esterne. Dunque secondo l'approccio sfata l'idea di una struttura sociale imposta dall'esterno, dimostra come sia la realizzazione pratica dei membri della società ottenuta attreverso le pratiche interattive.

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