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lunedì 22 dicembre 2014

Antropologia sociale: le controversie della decrescita

La decrescita ha un fondamento scientifico erroneo
Alcuni sostengono che la finitezza del pianeta, così come teorizzata da Nicholas Georgescu-Roegen, non sarebbe scientificamente provata. La seconda legge della termodinamica, la legge dell'entropia, varrebbe per i sistemi chiusi, mentre il pianeta Terra è un sistema aperto che riceve energia dal Sole. Lo studioso rumeno non si riferisce solamente all'energia, ma anche alla materia, come le energie fossili e le risorse minerarie. Il processo per la riformazione della materia non è così veloce, per alcune risorse il tempo può essere di milioni se non miliardi di anni, cioè incompatibili con lo sviluppo storico dell'umanità.
La crescita rimane sempre possibile, se sostenuta dalla produzione immateriale
Alcuni salvano la crescita del PIL argomentando che registra anche la produzione di servizi immateriali. Quindi sarebbe compatibile con la diminuzione, se non l'arresto, della produzione di beni materiali.
Astrattamente è vero, però nella realtà della "società dell'informazione", dell''"economia della conoscenza" e del "capitalismo cognitivo" poggia su una infrastruttura altamente costosa in termini di materia. Ad esempio, per produrre un computer occorrono 1,8 tonnellate di materiali, tra cui 240 kg di energia fossile. Il fatto è che l'economia dei servizi non sostituisce l'industria, ma la completa. Per ogni punto di PIL serve il 30% in meno di risorse, nonostante l'estrazione di materie prime sia aumentata.
Questo fenomeno è stato chiamato "effetto rimbalzo" o paradosso di Jevons. L'economista neoclassico osservò che le caldaie consumavano sempre meno carbone, ma il consumo globale di carbone continuava a crescere in seguito alla diffusione delle caldaie rese più economiche. L'effetto rimbalzo può essere definito come l'aumento del consumo legato alla riduzione dei limiti all'utilizzazione di una tecnologia, limiti che possono essere energetici, temporali, sociali, monetari, ecc. Questo nella quotidianità può essere rappresentato dal comportamento di comprare un'altra automobile dopo avere coibentato la casa, quindi risparmiato sui consumi.

La crescita del valore mercantile è compatibile con una riduzione del contenuto materiale
Questa separazione tra valore di scambio e valore d'uso, con il primo che continuerebbe ad aumentare mentre il secondo calerebbe, permetterebbe per un certo tempo la sopravvivenza di un capitalismo e di una società della crescita, ma con un razionamento drastico e penurie spaventose per i beni di prima necessità. In sostanza si entrerebbe in una società dell'opulenza per élites ristrette. In questo caso non sarebbe l'aumento di produzione immateriale a gonfiare il PIL, ma soltanto l'aumento delle rendite dovute dalle vendite di beni sempre più rari.

La decrescita implica una drastica riduzione della popolazione
Secondo alcuni la crisi è dovuta alla sovrappopolazione del pianeta. La decrescita quindi dovrebbe essere innanzi tutto demografica. Gli argomenti sono tetri e richiamano un darwinismo razionale se non vera e propria eugenetica.
1. la soluzione pigra sarebbe quella di ridurre il numero degli aventi diritto all'accesso alla biosfera. Questa logica è una delle preferite dai grandi della Terra perché non metterebbe in crisi il sistema che governano e da cui traggono tutti i loro privilegi. L'avvento dell'era termoindustriale, osservata da Malthus, ha permesso da passare dalla popolazione di 600 milioni di persone del XVIII secolo ai 7 miliardi di oggi. Le stime parlano di 9 miliardi entro il 2050. Il "sinistro pastore" però era ottimista e prevedeva una progressione aritmetica infinita delle risorse, cosa che sappiamo non può che essere una approssimazione fantasiosa per un pianeta che è finito.
Dato lo scenario, ogni individuo che non può apportare benefici alla società perché vecchio, malato, handicappato dovrebbe essere epurato. La migrazione dovrebbe essere proibita e la carcerazione solo in casi rari, verrà sostituita da punizioni corporali e dalla pena capitale.
Come sappiamo fu la lettura di Malthus ad ispirare Darwin, ma il darwinismo è solo un argomento che viene usato dai potenti per ritagliare aree di popolazione con cui non desiderano avere a che fare. Chiaramente non è questa la posizione dei decrescenti.
2. Una visione più ottimista ma sempre meccanicistica sostiene che la popolazione si è moltiplicata con coefficiente 6 e le forze produttive di centinaia di volte. Statisticamente ogni individuo odierno è centinaia di volte più ricco dei propri antenati del 1700. Questa però è solo una statistica, ma questo Malthus non lo aveva preso in considerazione.
3. Il pianeta conta 55 miliardi di ettari e non può sopportare un numero illimitato di abitanti. I sostenitori della decrescita impugnano questo argomento, ma non sono difensori del sistema. È innegabile la messa in relazione i problemi ambientali con l'esplosione demografica, tuttavia gli autori decrescenti non accusano la sovrappopolazione come i difensori della crescita industriale. L'argomento centrale nella tesi dei decrescenti è quello per cui non è la crescita della popolazione a determinare da sola il disastro ecologico. La popolazione potrebbe anche diminuire, ma se il sistema industriale vive sull'aumento infinito dei bisogni l'ambiente rimarrà sempre ostaggio del sistema.
Se tutti gli abitanti della Terra vivessero come gli australiani il pianeta sarebbe già sovrappopolato e sarebbe necessario eliminare i nove decimi della popolazione. Lo stile di vita australiano è compatibile con una popolazione mondiale di 500 milioni di abitanti. La letteratura degli anni 70 sulla decrescita (Georgescu-Roegen, Dumont) già premoniva la sovrappopolazione e metteva in programma la progressiva diminuzione della popolazione fino il livello di autosostenimento mediante l'agricoltura biologica.
Come decidere la soglia di sovrappopolazione? Dipende dallo stile di vita ovviamente. Un mondo completamente americano è compatibile con un miliardo di individui, un mondo che segue la dieta bukinabé potrebbe contare 23 miliardi di individui. Siamo seri, la produzione alimentare supera ampiamente i nostri bisogni e una quota consistente, più del 20%, viene sprecata.
In sostanza il problema della sovrappopolazione è relativo alla logica redistributiva e al tipo di stile di vita che si vuole mantenere. Se come vuole Kissinger lo stile di vita americano non è negoziabile saremo costretti ad assistere a mezzi coercitivi di riduzione della popolazione.
Gli studi dimostrano che se lo stile di vita fosse occidentale, ma modesto e basato su energie rinnovabili, sarebbero necessari 1,8 pianeti per soddisfare i consumi di 6 miliardi di abitanti. I decrescenti di formazione scientifica tendono ad approcciarsi al problema in modo meccanicistico "ecocentrico" e sottovalutando il possibile (un sistema diverso). In ogni caso dovrà quasi sicuramente esserci – non possiamo contare su rivoluzioni verdi improvvise – una politica demografica che assicuri il controllo delle nascite al fine di ridurre la popolazione.

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